Clima: grida dal futuro
Venerdì 27 settembre i giovani scendono in piazza per protestare, al fianco di Greta Thunberg, contro il cambiamento climatico
Venerdì 27 settembre i giovani scendono in piazza per protestare, al fianco di Greta Thunberg, contro il cambiamento climatico
C’è qualcosa che va oltre i megafoni e i cartelloni colorati simbolo della marcia ecologista dei Fridays for Future, i venerdì di sciopero globale per il clima che tornano oggi venerdì 27 settembre, a conclusione della settimana per la lotta ai cambiamenti climatici iniziata venerdì scorso con la manifestazione a New York guidata dall’inarrestabile attivista svedese Greta Thunberg. I giovani che scenderanno in piazza oggi compieranno l’ennesimo tentativo di alzare la voce per abbattere l’indifferenza, la negazione e il fatalismo e per mettere a tacere chi grida all’ “allarmismo climatico” di fronte all’appello alla responsabilità e a soluzioni che uniscano la retorica ad azioni concrete ed efficaci.
Si tratta del terzo appuntamento in difesa del pianeta dopo i record degli eventi precedenti, il 15 marzo e il 24 maggio 2019, in cui a livello globale 1,4 milioni di ragazzi e ragazze hanno chiesto delle misure urgenti per arginare la crisi climatica.
Più di 150 città in Italia hanno aderito allo sciopero di oggi, tra cui anche Verona dove il corteo partirà davanti a Palazzo Barbieri in Piazza Bra e dalle 9 alle 13 si snoderà per le vie del centro per poi tornare davanti all’Arena. In Veneto, oltre al capoluogo scaligero, il movimento ambientalista si attiva in altre quattro città: Padova, Treviso, Vicenza e Venezia. In tutto il mondo saranno 2800 gli scioperi per il clima di oggi.
“Il Veneto è la regione più cementificata d’Italia” si legge sulla pagina dell’account Facebook del #FfF veneto su cui campeggiano i 9 punti di criticità inseriti come Fridays For Future Veneto nella richiesta di Dichiarazione di Emergenza climatica alla regione Veneto: 1) Consumo di suole e grandi opere 2) Inquinamento dell’aria 3) Inquinamento e gestione dell’acqua 4) Agricoltura e ciclo della carne 5) Mobilità e trasporto pubblico locale 6) Venezia e la laguna 7) Beni comuni 8) Energia 9) Rifiuti ed economia circolare.
Agire sulla capacità di rispondere agli impatti dei cambiamenti climatici a livello locale è l’obiettivo del progetto “Veneto ADAPT”, realizzato con il contributo LIFE dell’Unione Europea e sviluppato dal Comune di Padova in partnership con Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, Città metropolitana di Venezia, Università IUAV di Venezia, SOGESCA Srl, Comune di Treviso, Unione dei Comuni Medio Brenta, Comune di Vicenza.
Iniziato nel luglio 2017, il progetto, che terminerà a marzo 2021, ha come obiettivo lo sviluppo di “strumenti operativi per l’adattamento ai cambiamenti climatici”, ottimizzando la “capacità di risposta a livello regionale” al loro impatto, con un focus specifico sul rischio idrogeologico rappresentato dalle esondazioni dei fiumi, un fenomeno che ha colpito di frequente l’area centrale della regione. “Veneto ADAPT” sottolinea quindi quanto l’adattamento debba essere una priorità contro gli eventi climatici estremi.
Guardando oltre l’orizzonte regionale, la lotta ai cambiamenti climatici è stata al centro del vertice dell’ONU a New York di questa settimana, dove 66 Paesi, 102 città e 93 imprese hanno stabilito altre urgenze e si sono impegnate a raggiungere zero emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050. Segnali di un negoziato climatico che i leader mondiali devono però mettere al centro di politiche energetiche, fiscali ed economiche concrete necessarie per raggiungere un tale obiettivo. Su nessun’altra questione infatti sembra che ci sia un divario così evidente tra ciò che è politicamente accettabile e ciò che è scientificamente necessario.
L’annuncio infatti non è stato accolto con entusiasmo da Greta Thunberg che nel suo celebre discorso del 23 settembre al summit di New York sul clima ha sbattuto in faccia ai membri delle Nazioni Unite il fatto di essersi preoccupati più del “denaro” e delle “favole dell’eterna crescita economica” che del collasso degli ecosistemi, delle estinzioni di massa e delle persone che soffrono a causa dei cambiamenti climatici.
L’ambientalista svedese anche affermato che ridurre le emissioni della metà in 10 anni porterebbe ad una probabilità del 50% di mantenere il riscaldamento della terra al di sotto del limite dei 1,5 gradi, soglia che se violata potrebbe innescare “reazioni a catena catastrofiche al di fuori del controllo umano”. “Un rischio del 50% non è semplicemente accettabile per noi che dobbiamo convivere con le conseguenze”, ha sottolineato la Thunberg.
L’obiettivo dichiarato del vertice ONU è quello di “accelerare rapidamente l’azione per attuare l’accordo di Parigi” negoziato nel 2015. L’accordo sul clima di Parigi, firmato tre anni fa, prevede di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 gradi e idealmente a 1,5°. Ma sembra che sia inadeguato alla situazione attuale.
Secondo il Climate Action Tracker, un gruppo di ricerca indipendente, se non vi saranno azioni per limitare le emissioni, il riscaldamento climatico potrebbe raggiungere 1,5 gradi entro il 2035, 2°C entro il 2053 e 3,2° C entro il 2100.
Analizzando quale potesse essere un contributo “equo” per limitare il riscaldamento a 1,5° C entro il 2030 per sette paesi (Australia, Cile, Cina, Unione Europea, India, Indonesia e Russia) i ricercatori hanno sottolineato come gli impegni assunti da questi governi siano quantomeno scarsi: Australia e Unione Europea hanno obiettivi “insufficienti”, Cina, Indonesia e Cile “altamente insufficienti”, Russia e Stati Uniti “criticamente insufficienti”. Con meno del 5% della popolazione mondiale, gli USA sono responsabili di oltre il 25% delle emissioni cumulative di gas serra, dichiara il report.
Che piaccia o no, la necessità di porre la lotta ai cambiamenti climatici al centro dell’agenda politica è chiara. Secondo il rapporto del WMO l’Organizzazione meteorologica mondiale delle Nazioni Unite, il periodo 2014-2019 è stato il più caldo mai registrato e ci ha “regalato” la stagione degli incendi in Amazzonia, California e Siberia, un impressionante scioglimento dei ghiacci della Groenlandia e un uragano che ha colpito le Bahamas con un impatto che è stato paragonato a un’esplosione nucleare.
Il veloce scioglimento della calotta glaciale della Groenlandia e dei ghiacciai, oltre all’espansione termica dell’oceano hanno contribuito a far salire il livello del mare a un ritmo più rapido. L’aumento annuale del livello del mare è stato di circa 3 mm all’anno nel periodo 1997-2006, ma è salito a 5 mm negli ultimi cinque anni secondo gli scienziati.
Molto è stato scritto nelle ultime settimane sull’importanza di rimanere fiduciosi. Ancora una volta, lunedì la sedicenne Greta ha risposto per le rime. “Venite a chiedere la speranza a noi giovani? Ci avete rubato sogni e adolescenza. Come osate?”. E ancora: “Ci state deludendo, ma i giovani hanno iniziato a capire il vostro tradimento, gli occhi di tutte le generazioni di domani sono su di voi”.
Perché lo sfruttamento cieco del pianeta e delle sue risorse avvelena il presente ma soprattutto il futuro. E quando non ci sarà la speranza ad alimentare le richieste pubbliche di azione, sarà la paura ad entrare in scena, con il rischio che ci porti sulla strada sbagliata nella lotta per salvare il pianeta. Siamo ancora in tempo per rallentare questo processo e assicurarci che il futuro sia luminoso, ma abbiamo bisogno di decisioni intelligenti perché rimanga tale.