Conte si è dimesso, aprendo ufficialmente lo stato di crisi e, durante il discorso che ha esposto ieri in Senato, ha sferrato un duro attacco al Ministro dell’Interno Matteo Salvini accusandolo, fra le altre cose, di aver ecceduto nel solleticare la pancia degli elettori, di aver intrapreso una deriva a tratti autoritaria e di non aver presenziato alla discussione parlamentare sulla questione dei presunti finanziamenti illeciti ricevuti da Putin. A questa crisi governativa, è chiaro, si è arrivati per mero calcolo politico. Salvini voleva capitalizzare i risultati dei sondaggi che davano il suo partito oltre il 35% e un eventuale voto a ottobre l’avrebbe quasi sicuramente visto come trionfatore. Da quel momento sarebbe quasi certamente nato un nuovo governo insieme a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, con l’aiuto di Forza Italia di Berlusconi. Ma nella seconda parte del proprio, tardivo, discorso Conte ha elencato i punti chiave per il futuro del Paese: la prossima finanziaria, una politica estera condivisa con l’Europa, un piano per le energie rinnovabili. In pratica ha in questo modo teso nemmeno troppo velatamente la mano al Partito Democratico, imbastendo di fatto uno “pseudoprogramma” per un eventuale Conte-bis.

Conte, al centro, con Salvini a sinistra e Di Maio a destra

Nella sua arringa difensiva Salvini ha dichiarato di aver reso il paese più sicuro grazie ai Decreti Sicurezza, ha ribadito che le famiglie sono quelle composte da una madre e un padre, ha assicurato che non vuole essere schiavo dell’Unione Europea e che lui e i rappresentanti della Lega sono uomini liberi, senza paura. E la libertà, secondo lui, deve portare alle elezioni. Salvini ha quindi continuato dagli scranni di Palazzo Madama la perenne campagna elettorale che ha caratterizzato i suoi quindici mesi da Ministro. Se un alieno avesse, infatti, seguito i tg nell’ultimo anno, avrebbe probabilmente creduto che fosse lui il vero Presidente del Consiglio e non il ben più schivo Conte. In questo senso va dato atto a Salvini di essere stato un abile stratega, capace di far ingoiare diversi bocconi amari al Movimento 5 Stelle (che non ha opposto una gran resistenza), fra porti chiusi e amenità varie, per poi scaricarlo al momento di discutere la controversa riforma della giustizia.   

Il Presidente Mattarella

Ora la palla passa al Presidente della Repubblica Mattarella. Oggi alle 16 sono iniziate le consultazioni di rito, che vedranno però solo nella giornata di domani il confronto con i rappresentanti dei principali gruppi parlamentari. Di sicuro Mattarella tenterà con ogni mezzo di evitare il ricorso al voto (a solo un anno e mezzo dalle ultime elezioni), cercando un’altra maggioranza, infischiandosene degli slogan di chi – vedi ovviamente alla voce Lega – denuncerà, a sproposito, l’inciucio. Il dato di fatto, però, è che per ora la scalata di Salvini sembra rallentare e nel suo caso, come in passato lo fu per Renzi, la fretta è stata davvero una cattiva consigliera. I suoi avversari tenteranno di formare una nuova maggioranza, con la speranza di tenerla in piedi  fino al 2022, quando si eleggerà il nuovo Presidente della Repubblica garante delle istituzioni e per allora sarà fondamentale ogni singolo voto. Insomma, siamo al cospetto di un plot narrativo più intricato di quello di una soap opera. La dura realtà, però, è che l’attuale classe politica è un tragico riflesso del paese: sbraita, o ‘asfalta’ come va di moda scrivere sui social, ma appare in generale poco incline ad ascoltare, parlare e ragionare seriamente. E, infine, risolvere i veri problemi degli italiani. Che non sono certo rappresentati – come la narrazione salviniana vuol far credere – dagli sbarchi sulle coste di poche centinaia di immigrati.