«La Divina Commedia? Istruzioni per la felicità»
Fra due anni si celebreranno i 700 anni della morte di Dante, vissuto a Verona fra il 1312 e il 1318. L'attore Mirco Cittadini porta avanti un interessante progetto denominato "Verso il 2021"
Fra due anni si celebreranno i 700 anni della morte di Dante, vissuto a Verona fra il 1312 e il 1318. L'attore Mirco Cittadini porta avanti un interessante progetto denominato "Verso il 2021"
Nella notte fra il 13 e il 14 settembre 1321 moriva a Ravenna Dante Alighieri. Fra due anni, quindi, si celebreranno in tutto il mondo i 700 anni dalla sua scomparsa, anche se ovviamente gran parte delle manifestazioni saranno in Italia, con Firenze, Ravenna e Verona a far da capofila.
A Verona, in particolare, il Sommo Poeta visse fra il 1312 e il 1318 e vi scrisse gran parte del Paradiso, la terza Cantica del suo capolavoro. Ovvio pensare che nei prossimi ventotto mesi (da qui alla fine del 2021) saranno molteplici le iniziative a lui dedicate in riva all’Adige. Fra queste va annoverato anche il progetto “Verso il 2021”, ideato e realizzato da Mirco Cittadini.
Responsabile d’area della cooperativa Aribandus, Cittadini ha studiato al Liceo Classico Don Mazza per poi laurearsi in Lettere Classiche all’Università degli Studi di Verona. Entrato nella compagnia Giorgio Totola, è diventato col tempo attore professionista e proprio nell’ambito di questa attività ha avuto il suo primo “incontro” con Dante. Una decina d’anni fa, in seguito a una serie di corsi di lettura ad alta voce con anche brani scelti dalla Divina Commedia, Cittadini venne avvicinato da un responsabile del Centro Scaligero di Studi Danteschi, che all’epoca stava cercando una voce narrante per alcune serate dedicate alla magistrale opera del “Ghibellin Fuggiasco”. Fu per lui la svolta. L’inizio di un amore senza fine e di uno studio “matto e disperatissimo” di tutta l’opera dantesca. Da allora Cittadini è diventato uno dei più importanti divulgatori della Divina Commedia di Verona e grazie al suo progetto triennale aiuterà gli abitanti della città ad avvicinarsi con maggior consapevolezza all’anniversario del ‘21.
Cittadini, innanzitutto che tipo di approfondimento ha dovuto fare per approcciare l’opera di Dante?
«A livello di studi sono in realtà ben lontano dall’approfondimento che vorrei avere. All’Università, per un esame di Letteratura italiana ho dovuto leggere tutto l’Inferno senza commenti. Mi ero accorto, in quell’occasione, che alcune cose che mi avevano insegnato in precedenza a scuola non tornavano. Conoscevo abbastanza bene l’Inferno, ma non avevo all’epoca mai letto il Purgatorio e il Paradiso, che poi lessi in un’estate. Fu una lettura molto coinvolgente. Da allora lo studio è stato prevalentemente da autodidatta. Ho iniziato a leggere tantissimi libri di commento e nel mio pc ho una cartella piena di file, articoli, studi, video e anche testi scaricati da internet. Ho cercato e trovato altri dantisti, poi contattati via mail e Messenger… Sono entrato in amicizia con scrittori e studiosi molto generosi nell’inviarmi i loro testi, cosa che mi ha permesso ulteriori approfondimenti. In questo mio percorso ho avuto l’aiuto del Professor Marco Ariani dell’Università di Roma e di Giuseppe Ledda (che è stato ben più di una guida per me), tra i più grandi esperti in Italia su Dante. Al momento sono alla mia terza lettura integrale della Divina Commedia e a uno studio che possiamo definire approfondito che arriva fino al quinto canto del Purgatorio. Ciò significa che ho davanti almeno altri vent’anni di studi intensi.»
Cos’ha da dire, oggi, Dante ai giovani? È ancora attuale?
«Dante è attuale, anzi attualissimo. Non sono un appassionato di biografie degli autori, ma se dovessi dire una cosa su Dante potrei sicuramente affermare che le sue scelte politiche gli sono costate molto care. Ha sempre agito in prima persona, mettendo a repentaglio la propria vita e quella della sua famiglia. Lui in realtà non è stato mandato in esilio, ma lo ha scelto volontariamente perché non accettava le condizioni che gli avevano offerto per poter tornare a Firenze. Io credo che la Commedia sia in realtà un manuale di istruzioni per essere felici. Il punto è: in che modo esserlo? Da una parte Dante è un poeta delle relazioni. Lui, se ci fate caso, a parte qualche terzina iniziale è sempre insieme a qualcuno. E in questo ci dice che sono le relazioni a renderci felici. Dall’altra il suo è un percorso di formazione. Inizia da peccatore, nella selva oscura, in momento di grande crisi personale. Da lì, però, parte anche lo stimolo per arrivare alla propria personale resurrezione. Con l’ingegno e le proprie capacità, che però non bastano: serve anche altro, che può essere la fede, il trascendente, un ideale, un orizzonte più alto o uno sguardo che va oltre la miseria quotidiana e il contingente.»
Come reagiscono gli studenti alle sue lezioni?
«Molto bene. Da loro arrivano sempre le domande più difficili o le osservazioni che risvegliano in me le connessioni a cui magari non avevo pensato. Sono impressionanti perché sono così ingenui che spesso vedono le apparenti contraddizioni in Dante, con domande spietate e a cui per rispondere bisogna andare un po’ oltre la dantistica ufficiale, che le liquiderebbe in fretta. La risposta da dare, invece, è spesso molto profonda. Nelle scuole il progetto sta andando benissimo, ma anche con il pubblico adulto spesso Dante attira decine e decine di persone. La gente ha voglia di cultura. Dai ragazzi adolescenti agli ultrasettantenni c’è spesso il pienone ai miei incontri, che propongono Dante in una chiave nuova e in modo che possa ancora dirci qualcosa. La letteratura, di per sé, non dovrebbe dare risposte. Deve lasciare sospesi, con il dubbio. Altrimenti, se si vogliono risposte confezionate, meglio leggere Fabio Volo. Per questo atteggiamento “sospeso”, invece, meglio leggere i Classici.»
Tutti amano l’Inferno, meno Purgatorio e Paradiso. Eppure le tre cantiche nascondono tutte profondi insegnamenti e sono da considerarsi un’unica opera indissolubile…
«Se uno si ferma alla lettura soltanto dell’Inferno, di Dante non ha soltanto un’idea “minore”, ma “canna” in pieno. Vuol dire, in quel caso, non avere le basi per capirne il pensiero. “Dantesco” non è un sinonimo di infernale, come invece viene spesso percepito… dantesco per me significa paradisiaco. E se ci pensate, è stata intitolata Commedia proprio perché va a finire bene e su cento canti solo trentaquattro, quelli iniziali, sono collocati all’Inferno, quindi in luce negativa. Il resto è da considerare con un atteggiamento positivo. Lucifero non è qualcosa da evitare, ma è la scala (personale) per arrivare alla salvezza. Purgatorio e Paradiso sono le cantiche che andrebbero studiate più di tutte. Purtroppo, invece, spesso vengono addirittura saltate, anche a scuola. Ed è un grave errore. Sarebbe un po’ come leggere un giallo e non arrivare a sapere chi è l’assassino. Si rischia soprattutto di farsi un’idea sbagliata di Dio. All’Inferno Dio è sinonimo di giustizia, punizione e castigo. È, invece, Amore sovrabbondante nelle altre due Cantiche. Ci sono peccatori anche nel Purgatorio, a volte anche peggiori di quelli collocati all’Inferno, e i sette peccati capitali sono tutti rappresentati nel Purgatorio. È da li che si riparte. Il peccato, per Dante, è un amore mal indirizzato che va orientato verso qualcosa di altro.»
Parliamo del suo libro. È uscito da poco “Tutto è Paradiso. Lezioncine dantesche”. Di cosa si tratta?
«Sono partito dai nove saggi di Borges dedicati a Dante e ho provato a rileggerli in chiave personale, cercando di renderli più attuali. Così ho scritto tre lezioncine sull’Inferno, una sulla Commedia in generale, due sul Purgatorio, due sul Paradiso. Volevo essere fresco e accessibile al lettore non “dantista”. Chi lo sta leggendo mi dice che sono riuscito nell’intento di incuriosirli e attrarli verso Dante. Alcuni altri, mi dicono, si sono persino divertiti. A questo proposito vorrei ringraziare Shalom Gargioni e Roberto Leopardi, i miei editori di “Spirito della Terra”»
Dante e Shakespeare. Solo Verona, nel mondo, può vantare questa incredibile compresenza di fuoriclasse. Secondo lei c’è consapevolezza in città, dalle amministrazioni ai cittadini, di questa grande forza?
«A Verona contano gli schei. La “tetta” di Giulietta fa indubbiamente soldi. Da Dante, invece, ancora non è chiaro come riuscire a farne. Verona è la città di Romeo e Giulietta, che è una fake news sublime sia chiaro, mentre qui abbiamo davvero luoghi dove Dante ha dormito, passeggiato, mangiato: Sant’Elena, Piazza dei Signori, i Palazzi Scaligeri. Questo dovrebbe farci rabbrividire di emozione ogni volta che passiamo da quei luoghi. Verona è la città del Paradiso, dedicato a Cangrande della Scala, ma non tutti ne hanno davvero la percezione. A Ravenna, ad esempio, tutto ha il profumo di Dante. Dai nomi delle vie a tutto il resto. Forse lì non avevano molte altre alternative, non lo so, ma di sicuro per loro Dante è una figura importantissima. Qui da noi non è così. Abbiamo l’Arena e Shakespeare che, evidentemente, già incanalano l’interesse generale.»
Cosa dovrebbe fare, di più e meglio, Verona per questo suo illustre visitatore?
«I progetti, i percorsi, possono educare con calma le persone a prendere dimestichezza con le cose, in qualsiasi campo. Io ho iniziato nell’ottobre 2018. Alcune persone che sono venute a qualche incontro non avevano mai letto prima nemmeno una terzina della Divina Commedia e ora si stanno interessando a quell’opera in maniera attiva, comprando libri, andando alle conferenze e via dicendo. Io ho un po’ il timore, però, che il grande “botto” a Verona lo farà Benigni con le sue letture dantesche, il che va benissimo – sia chiaro – ma non può essere solo quello ciò che fa cultura nella nostra città. Chi fa davvero cose meravigliose su Dante è Alessandro Anderloni. Porta il Poeta sulle barche, nelle grotte, nelle carceri, in giro per la provincia, nelle scuole. Ma non ha la visibilità che dovrebbe avere. È in generale Dante è una grande occasione per Verona che forse ci stiamo perdendo.»
Com’è organizzato il suo progetto Verso il 2021, in occasione dei 700 anni della morte di Dante…
«In Terza Circoscrizione hanno accettato la mia proposta di fare tre eventi sull’Inferno, tre sul Purgatorio e tre sul Paradiso nei prossimi tre anni. La mia idea è quella di dedicarmi all’Inferno per quest’anno, al Purgatorio nel 2020 e al Paradiso nel 2021. Quante cose riuscirò a fare non lo so. Devo dire grazie a Roberta Camerlengo di Pagina 12 e ai ragazzi dell’associazione La Goccia di Bussolengo per avermi dato la possibilità di iniziare il progetto e per l’entusiasmo e la serietà con la quale hanno organizzato il ciclo di eventi danteschi. Parallelamente sul mio blog sto facendo il commento a tutti i canti della Commedia. Questo filone, però, andrà oltre il 2021. »
Il Comune di Verona cosa sta facendo in vista delle celebrazioni?
«C’è un progetto istituzionale molto bello, sulla carta, che coinvolge l’Università di Verona, la Società Letteraria e altre importanti realtà. Propongono un livello molto alto. Spero, però, che riescano a pensare anche a qualcosa che sia alla portata dei non addetti ai lavori. Al momento mi risulta che ci sono stati solo una o due iniziative, ma il grosso deve ancora – ovviamente – arrivare. Io non vedo l’ora di vedere cosa ci sarà e condividerlo il più possibile. Ho l’impressione, però, che averlo affidato al mondo universitario rischia di creare qualcosa di autoreferenziale, formale, ma probabilmente il mio è un pregiudizio. Staremo a vedere.»
La recente querelle fra Ravenna e Firenze su dove ospitare le spoglie di Dante ha visto indifferente Verona. Cosa ne pensa?
«Non si sa di preciso perché Dante se ne sia andato da Verona, ma qualcosa dev’essere successo. La seconda parte del Paradiso, infatti, l’ha scritta a Ravenna. Verona e Ravenna, quindi, sono due città fondamentali per la vita e la fine di Dante e io credo che Firenze non si meriti di ospitare le sue spoglie, avendolo indotto all’esilio. Fra l’altro Dante ha scritto cose orribili sui fiorentini, che però lo utilizzano spesso come testimonial. Io credo che in fondo sia giusto che rimanga a Ravenna. I frati ravennati lo hanno ampiamente protetto e amato, anche post mortem, e quindi Ravenna se lo merita più di qualunque altra città.»
Infine, come entra Dante nella sua famiglia?
«Dante, non lo nego, è una presenza ingombrante. Io ho tre figli: quattro e due anni i maschietti e di pochi mesi la bimba. Con grande pudore non ne sto parlando ai miei figli, perché ancora non so come giocarmi le carte con loro. Per ora sto lavorando su Pinocchio, proponendo il libro di Rodari, alcuni spezzoni del film di Comencini, un cartone animato del 1971 e via dicendo. Ho anche dei testi pronti per parlare di Dante, a dire il vero, ma li utilizzerò quando saranno un po’ più grandi. Mio figlio, quando esco di casa per andare al lavoro, mi dice: “Stai andando a fare Dante?” (ride, ndr). Poi chissà, con mia moglie, che non ne può più, un giorno Dante sarà probabilmente causa di divorzio, anche se, scherzi a parte, essendo il mio filone di studio sulle presenze femminili della Commedia è proprio parlando con lei che spesso trovo le chiavi di lettura giuste per interpretarlo al meglio. Mia figlia terzogenita si chiama Miriam, ma ho supplicato mia moglie di poterla chiamare di secondo nome anche Matelda, che era un personaggio del Paradiso. Letto al contrario Matelda diventa Ad Letam (verso la letizia, ndr) e siccome è una bambina particolarmente gioiosa spesso con mia moglie ci diciamo che abbiamo fatto bene a chiamarla così..»
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