I no al Disegno Pillon
Oggi in Commissione Giustizia del Senato era al vaglio il discusso Disegno di Legge 735 sull'affido condiviso. Lo scontro politico ha rimandato a data da destinarsi i lavori. Il senatore Pillon dovrà produrre un nuovo testo.
Oggi in Commissione Giustizia del Senato era al vaglio il discusso Disegno di Legge 735 sull'affido condiviso. Lo scontro politico ha rimandato a data da destinarsi i lavori. Il senatore Pillon dovrà produrre un nuovo testo.
Oggi alla Commissione Giustizia del Senato era in programma la discussione del criticatissimo Disegno di Legge 735 sull’affido condiviso proposto e redatto dal parlamentare leghista Simone Pillon, uno degli organizzatori del Family Day, grande sostenitore del Congresso Mondiale delle Famiglie che si è tenuto a Verona lo scorso marzo, integralista cattolico e promotore del gruppo parlamentare Vita, Famiglia e Libertà. In tutta Italia sono stati organizzati mail bombing, cortei e flash mob contro questo testo considerato lesivo dei diritti delle donne e dei minori. Ma è da quando è stato messo sul tavolo del Parlamento, nell’agosto del 2018, che questo disegno non smette di innescare gli animi e di essere fortemente contestato. E lo scontro si è acceso anche nelle scorse ore in Commissione Giustizia tanto da far slittare la discussione a data da destinarsi, probabilmente a settembre, quando Pillon dovrà presentare un testo nuovo, come deciso all’unanimità dai membri presenti oggi. I suoi articoli andrebbero a modificare le attuali leggi in tema di famiglia, separazione e affido condiviso dei figli.
Tra le dichiarazioni del Movimento 5 Stelle: «È un testo superato» e le risposte del PD: «Perché allora non è stato ritirato?», intanto il documento potrebbe diventare legge.
«Così come è redatto adesso, il Disegno Pillon – spiega l’avvocata Sara Gini, già presidente e responsabile dell’ufficio legale del Telefono Rosa della sezione di Verona, l’associazione di volontariato si occupa da quasi trent’anni delle donne che subiscono violenza – è stato criticato da tutte le parti che si occupano di separazioni e divorzio, da tutte le associazioni che si occupano di minori, di famiglia e dai centri antiviolenza perché sostanzialmente imporrebbe una modalità di divisione di tempi di visita dei figli troppo schematica e quindi non tarata sull’interesse del minore. Interesse che è il faro che guida la magistratura in queste situazioni. Ma anche vorrebbe eliminare sia l’assegnazione della casa familiare sia la previsione di un versamento forfettario di mantenimento mensile.»
La bigenitorialità
Un testo che andrebbe dunque a colpire per primi i minori: «Ognuno ha la sua situazione e non si può prevedere un vestito uguale per tutti i casi – continua l’avvocata – perché il Disegno vorrebbe raggiungere una parità di tempi tra padre e madre, la cosiddetta bigenitorialità. E ciò indipendentemente dall’età dei minori, dalle situazioni abitative delle parti.» Il minore non viene preso assolutamente in considerazione: «Non viene nemmeno rispettato – precisa –, perché la nostra legge interna e i trattati internazionali prevedono il diritto del minore a esprimersi in tutte quelle situazioni in cui incide la sua vita. Nel Disegno non si fa assolutamente cenno al fatto che possa essere ascoltato. Nel nostro ordinamento il giudice, invece, è obbligato a sentirlo e quando ciò non avviene deve essere motivato sennò il provvedimento è impugnabile.»
La parte debole della coppia
E la tutela della parte debole della coppia? «Purtroppo ancora oggi, nella maggioranza dei casi, la donna è la parte debole. Con il testo di Pillon – prosegue – si vorrebbe togliere il diritto all’assegnazione della casa: attualmente l’abitazione viene destinata al genitore con cui il minore vive prevalentemente, nell’ottica del suo benessere, e di solito è la madre. Non avere più l’assegnazione della casa, (con i figli che si troverebbero a passare quasi lo stesso tempo nelle abitazioni di entrambi i genitori, nda) significa, sul lato pratico, che se la dimora per esempio è di proprietà del padre, sebbene sia la madre a occuparsi per il 90 per cento del minore, la donna è costretta a lasciarla.»
In Italia non c’è ancora la mentalità di pensare che la donna abbia il suo lavoro e possa continuarlo anche dopo che è diventata madre: «Nel nostro Paese c’è un tasso di occupazione femminile bassissimo. È sempre il solito discorso quando si diventa madri: devo pagare il nido, la babysitter, preferisco stare a casa a occuparmi di mio figlio… Uscire dal mercato del lavoro per 2-3 anni significa non rientrarci più. Bisogna cambiare modo di pensare: non c’è più la garanzia in una separazione o in un divorzio che ciò che si è fatto per la famiglia abbia un peso e possa essere ripagato o riconosciuto.» Il disegno, infatti, detta delle regole nuove anche sul mantenimento, penalizzando il coniuge più debole: «Il testo parla di un piano di spesa: ovvero il coniuge versa sulla base di quello che viene speso per i figli, eliminando la cifra fissa. È stata scritta una norma completamente slegata dalla realtà: attualmente viene erogato per l’appunto un fisso, mentre per le spese straordinarie che vengono presentate con la ricevuta in molti casi non vengono pagate perché vengono contestate. Fare il prospetto sul piano di spesa e presentarlo ogni mese o a ogni scadenza stabilita significa nella maggior parte dei casi che il coniuge quei soldi non li vedrà più.» Se poi già quel coniuge non produce reddito…
La mediazione obbligatoria
Lo scopo di questo disegno di legge fondamentalmente è intralciare la separazione e i divorzi, inserendo una mediazione obbligatoria con l’auspicio che le coppie tornino sui propri passi: «La mediazione è prevista anche nel caso di una separazione consensuale: in questo modo le persone vengono spodestate anche del diritto di autogestirsi nell’accordo – continua –. Il mediatore, poi, non è coperto dal gratuito patrocinio quindi ricade nelle spese delle parti.» E nei casi di maltrattamento? «Gli automatismi del Disegno di Legge fanno sì che ci sia meno, o per nulla, spazio in quelle situazioni in cui c’è il maltrattamento. Vengono introdotte delle sanzioni nel caso in cui il figlio non voglia andare dall’altro genitore indipendentemente dalla verifica del motivo. C’è anche un condizionamento forte: il Disegno prevede che una parte che denuncia l’altra rischia l’ammonimento nel caso in cui non sia fondata la denuncia.»
In caso di violenza, maltrattamento o molestie del minore
Se ci sono presunti maltrattamenti, molestie o violenza, finché non vengono confermati – dopo i tre gradi di giudizio previsti nel nostro ordinamento, con sentenza passata in giudicato – il minore deve continuare a frequentare il presunto genitore violento o molestatore: «Il minore non è ascoltato – prosegue l’avvocata –. Ma il giudice non potrà mai tollerare un fatto del genere perché il diritto del bambino è totalmente annullato. Sono norme incostituzionali. Anche se questo testo fosse approvato così com’è ci sarebbero moltissimi ricorsi alla Corte Costituzionale per disapplicarlo.»
La famiglia sana
Quando due persone si separano c’è un’intollerabilità nel vivere assieme: «E non parliamo dei casi in cui la convivenza non è assolutamente possibile perché c’è un maltrattamento. Chi decide di separarsi è arrivato al limite per sé e per i figli. I figli che vivono in un ambiente dove c’è maltrattamento e violenza diventeranno persone senza equilibrio. Il Disegno sembra legato a un concetto di famiglia solo in apparenza – conclude l’avvocata Gini –. La famiglia va difesa, senza dubbio, ma quella sana. Perché se il nucleo familiare produce individui infelici e scompensati che avranno una vita piena di problemi, creeranno problemi agli altri. Si deve invece cercare di salvare il salvabile, di fare in modo che dopo un periodo non adeguato i bambini possano vivere in un ambiente più tranquillo, che poi è ciò che il coniuge vuole ottenere quando decide di separarsi.»