La città che sale (e che scende)
A due anni dall'insediamento della giunta Sboarina è arrivato il momento di fare i primi bilanci.
A due anni dall'insediamento della giunta Sboarina è arrivato il momento di fare i primi bilanci.
A due anni dall’insediamento della giunta Sboarina è arrivato il momento di fare un primo bilancio dell’idea di città che questa amministrazione sta cercando di perseguire. Idea che, lo anticipiamo, pur con differenze di stile, nel metodo è assolutamente in continuità con l’idea di città dell’amministrazione Tosi. Del resto, non causalmente, diversi assessori dell’attuale giunta, sindaco compreso, sedettero nella giunta Tosi 1.
Partiamo dal centro storico. Abbiamo già parlato del Piano Folin, l’ambizioso strumento con il quale la Fondazione Cariverona ha intenzione di valorizzare i suoi immobili posti nel centro storico e resisi disponibili dopo il trasferimento delle funzioni legate al credito nella nuova sede open space di fronte alla fiera. Il piano prevede di effettuare un’operazione di riconversione di parte del patrimonio edilizio della fondazione che verrebbe destinato a funzioni alberghiere o a residenze di pregio, mitigandola con un mix di funzioni espositive. Trattasi, né più né meno, di una (legittima) operazione di speculazione immobiliare resa più “cool” dalla firma di un ex magnifico rettore dello IUAV di Venezia ora in pensione, che otterrà l’effetto di incrementare la gentrificazione del centro cittadino, sempre più a misura di turista e sempre meno a misura di cittadino. Capiamoci, è diritto della Fondazione monetizzare il suo patrimonio edilizio, ma è diritto del cittadino partecipare un dibattito pubblico chiaro, dove le questioni vengano presentate per ciò che sono e non celate da cortine fuffogene. Ed è dovere della politica coordinare le trasformazioni della città. Altrimenti non si capisce che ruolo debba avere.
Trasformare il centro di Verona in un grande playgroud per turisti wealthy, come di fatto si propone di fare il piano di Cariverona, non riqualifica il centro storico, anzi. Parlare di riqualificazione del centro significa incrementarne le funzioni residenziali, che dal processo di gentrificazione ne sono espulse. In tal senso le esperienze pianificatorie di un urbanista come Cervellati sono paradigmatiche, vedi ad esempio il suo piano per il centro di Bologna dove il recupero urbano è perseguito con l’inserimento di funzioni residenziali, anche attraverso investimenti pubblici. Che poi, prescindendo dagli effetti gentrificatori del piano Folin, ci sarebbe da intendersi sulla capacità di Verona di attrarre il turismo di lusso al quale esplicitamente la proposta urbanistica ammicca. Il turismo wealthy viene attratto oltre che dal patrimonio architettonico e artistico – che di certo non manca alla città – anche dallo shopping di lusso, da spettacoli culturali e di intrattenimento di alto livello e da servizi di prim’ordine. Ora a Verona i negozi di lusso chiudono. Solo pochi giorni fa ha abbassato definitivamente le serrande il New Galles, che per decenni è stato il riferimento della clientela che badava alla griffa e non badava a spese. Via Mazzini da storica passeggiata nel lusso si è trasformata nell’area del mondo dove vi sono più negozi di mutande per metro lineare e su di essa oltre che i brand low cost hanno iniziato a comparire negozi di street food da turismo ciabattone. Poi, a proposito di hotel high level, giusto la primavera scorsa ha chiuso Palazzo Vittoria, un hotel di lusso che aveva appena acquisito la quinta stella. E questo ci fa pensare che “5 stelle” porti un po’ sfiga. E per non dir nulla di una politica dell’immagine urbana da codice penale dell’estetica che tutte le amministrazioni che si sono succedute a Verona hanno fin qui perseguito pervicacemente con Piazza Erbe, una delle piazze più belle d’Italia, in stato di “okkupazione” permanente da parte di banchetti di ciarpame che vendono finte maschere veneziane.
La sensazione è che così come Tosi con il project per l’Arsenale decise di non decidere, affidandosi per il recupero dell’immobile a un’azienda privata che gli fornisse un pacchetto “chiavi in mano”, allo stesso modo l’amministrazione Sboarina abbia deciso di non decidere sull’operazione di riconversione immobiliare di parte del centro cittadino promossa da Cariverona, lasciando di fatto mano libera al player privato, senza minimamente porsi la questione della sostenibilità urbana della proposta o di una sua governabilità. Altro tratto comune delle due amministrazioni è il perseguimento di un filo conduttore. Se l’amministrazione Tosi fu accusata di essere “centri commerciali friendly”, l’amministrazione Sboarina può essere identificata come quella “alberghi friendly”. Dove il tema forte della pianificazione urbana della giunta Tosi era il centro commerciale, la giunta Sboarina sostituisce l’albergo. La stampa cittadina recentemente ha riportato che nell’incoming intervento di recupero delle ex manifatture tabacchi, «dietro richiesta dell’assessore all’urbanistica» (procedura “curiosa”) «è stata drasticamente ridotta l’area a destinazione commerciale, dirottando l’interesse delle proprietà verso il settore alberghiero congressuale». V’è da dire che, qualora tutti questi interventi andassero a buon fine, Verona diverrebbe la città col più altro numero di sale congressi pro capite (oltre che di negozi di mutande per metro lineare), prevedendone una (in pieno centro) pure il Piano Folin ed essendo già presente quella della Gran Guardia.
Sappiamo poi che la proposta di finanza di progetto avanzata per il rifacimento del vecchio Bentegodi prevede, tra le altre cose, un albergo dotato di piscina con vista sul campo da calcio. L’albergo quindi sembra essere il nuovo tema dominante della pianificazione urbanistica cittadina. Verona, città a misura del turista che viene a farsi il selfie sotto le scenografie areniane sparse in giro per la città? L’impressione è che questa amministrazione non intenda nemmeno provare a governare il processo di gentrizzazione della città, quanto piuttosto subirlo.
Prendiamo ad esempio Borgo Trento, storico quartiere residenziale della città. Il suo maggior pregio, la posizione attigua al centro storico, ne è divenuto il principale handicap. Il quartiere ormai è di fatto una sorta di posteggio pertinenziale per chi fa shopping in centro, con grave disagio dei residenti che si vedono costretti ad affrontare una battaglia quotidiana per accaparrarsi il posto auto. Il problema sarebbe facilmente risolvibile con la creazione di una ZTL ma l’amministrazione da questo orecchio non ci sente, temendo l’impopolarità. A questo problema si somma quello del turn over dei residenti, che sono in larga parte anziani. Alla loro uscita dal quartiere, verso le case di riposo o le praterie celesti non corrisponde se non in minima parte l’ingresso di linfa giovane. Vuoi per l’annoso problema del posto auto, che disincentiva chi vi si vorrebbe trasferire, vuoi per l’alto costo degli immobili, il quartiere è soggetto a uno strisciante processo di spopolamento. Solo i portafogli più capienti possono permettersi di sostenere le spese per l’acquisto e la ristrutturazione di immobili che in alcuni casi hanno abbondantemente superato il mezzo secolo di vita e così il risultato è che sempre più spesso alle funzioni residenziali permanenti si sostituiscono quelle temporanee, con il fiorire di B&B negli appartamenti lasciati liberi dai residenti più anziani. Borgo Trento, quindi, è sempre di più un’appendice del centro utilizzata a posteggio o come residenza temporanea.
Eppure se lo volesse, un’amministrazione locale avrebbe più di una leva sulla quale agire per incentivare le attività residenziali nei quartieri, a partire da quella fiscale fino ad arrivare a semplici ed efficaci provvedimenti viabilistici. Manca, forse, la volontà (e il coraggio) di mostrarsi impopolari sul breve periodo? Oppure semplicemente sono a maggior ritorno di immagine eventi come il WCF o proclami su interventi che (se tutto va bene) vedranno la luce tra lustri? Ai cittadini alle prossime urne l’ardua sentenza.