Fontana, ritorno a Bruxelles
L'ascesa del veronese, braccio destro di Salvini, e le strategie del leader maximo della Lega.
L'ascesa del veronese, braccio destro di Salvini, e le strategie del leader maximo della Lega.
Da Verona a Bruxelles. Nel mezzo il Veneto. Lorenzo Fontana nel giro di dieci giorni ha ridisegnato la tratta del suo cammino politico. Prima la nomina a commissario della Liga Veneta (a dieci mesi dalle regionali 2020) e poi quella a ministro degli Affari europei. Ruoli finalmente operativi per il veronese. Ruoli che il suo leader Matteo Salvini gli ha vestito su misura con tempismo non casuale. Da ministro per l’Ue, Fontana dovrà trattare (assieme al premier Conte e al ministro degli Esteri Moavero) a Bruxelles per insediare un leghista nella Commissione europea che sta nascendo. L’obiettivo è portare Giancarlo Giorgetti nelle stanze europee che contano e Salvini ha chiesto a Fontana di tessere quotidianamente la tela a suo nome perché di Conte e Moavero si fida fino a un certo punto. Ma Fontana cercherà anche di alzare il livello delle sue relazioni per realizzare tra qualche anno (forse oggi i tempi non sono maturi) il suo sogno nascosto: diventare commissario europeo lui stesso.
Intanto Fontana è da poco commissario della Liga Veneta: i maliziosi vedono nella sua nomina il vagito di una rivoluzione a Palazzo Balbi, con Fontana che potrebbe sostituire Luca Zaia a governatore. Fantapolitica? Chissà, sta di fatto che Salvini due anni fa riuscì nell’operazione in Lombardia, mettendo l’altro Fontana, il fidato Attilio, al posto del “nemico” Maroni (che però rinunciò di sua sponte forse per un incarico nazionale che poi non si è concretizzato). Più verosimile che Fontana (Lorenzo) sia stato nominato commissario per portare acqua salviniana nelle prossime liste elettorali regionali. L’obiettivo malcelato del leader maximo è cercare quantomeno di depotenziare Zaia, ultimo baluardo che resiste nella totale salvinizzazione del Carroccio. In mezzo c’è anche la partita dell’autonomia che non si realizza, l’arma letale con cui, attraverso i 5 Stelle, Salvini sta logorando politicamente il Doge.