La Sala Lucchi gremita di gente. Foto di Carolina Torres

Questo caldo che attanaglia Verona non ha fermato chi ieri sera voleva ascoltare Paolo Berizzi, il giornalista di “Repubblica”, autore del libro NazItalia: viaggio in un Paese che si è riscoperto fascista. La Sala Lucchi era stracolma di gente – si parla di 500 persone – e di forze dell’ordine. Il clima non era rovente solo per le alte temperature di questa estate infuocata ma anche per la presenza di Andrea Bacciga, il consigliere comunale di maggioranza, che aveva organizzato una petizione affinché l’incontro non avvenisse. La polemica aveva assunto grandi proporzioni tanto da far decidere al direttore di “Repubblica”, Carlo Verdelli, di presenziare all’evento in segno di solidarietà al suo giornalista, che vive sotto scorta per minacce di morte da parte dell’ultradestra. Sul palco anche l’ex procuratore capo di Verona Guido Papalia.

E così la serata si è aperta sulle note di Bella ciao, cantata da quasi tutti i presenti come dimostrazione antifascista, di fronte a Berizzi, che con il suo telefonino ha ripreso la scena.

Paolo Berizzi. Foto di Carolina Torres

Poi, il primo attacco è arrivato nei confronti di Federico Sboarina: «Riguardo al clima di tensione per questa presentazione – ha esordito il consigliere comunale di minoranza Federico Benini –, con minacce da parte di ambienti di estrema destra verso l’autore, e visto che il consigliere Bacciga si è fatto promotore della petizione per spostare l’evento in un altro quartiere in quanto, secondo lui, proprio allo stadio è stato organizzato per provocare e infastidire Verona e i veronesi, avevo chiesto se il sindaco avesse contattato Berizzi per esprimere solidarietà di fronte agli attacchi e se avesse preso una posizione ufficiale. Non ho ricevuto alcuna risposta.» 

Gli ha fatto eco Berizzi stesso: «Ringrazio di cuore tutti i presenti. Quelli che sono là fuori – un gruppo di ultrà – hanno già perso una volta 74 anni fa e hanno perso anche questa sera. Volevano impedirci di essere qui, controllare il territorio. Un po’ come fanno i mafiosi: questa cosa è nostra e non si tocca. Questo non è il loro quartiere, ma il quartiere di tutti. Nonostante gli insulti e le minacce di morte alla mia persona e una petizione di un rappresentante delle istituzioni, che io credo avrebbe obbligato qualunque sindaco di qualunque appartenenza politica ad aprire bocca e a dire “no i libri non si vietano, la cultura non si può impedire”, non è giunta alcuna parola da parte di Sboarina. Ma noi non stiamo in silenzio, anzi alziamo la voce.» 

In primo piano, Guido Papalia. Foto di Carolina Torres

Si è poi entrati nel vivo di questo libro tanto contestato: tra le pagine c’è un episodio che riguarda proprio Verona. L’autore ha raccontato di un fatto avvenuto nel 1986: giunto allo stadio Bentegodi con il padre per seguire la sua squadra del cuore, l’Atalanta, ricordava i guanti neri di pelle di tre appartenenti alle brigate gialloblù, i saluti romani, la bandiera con la svastica, i cori inneggianti al duce. A quattordici anni non riusciva a capire il nesso tra calcio ed estremismo politico. Durante la partita a Verona aveva assistito per la prima volta alle rappresentazioni del neofascismo da stadio: «Mi sono accorto in quel momento che la cifra di quella curva erano i saluti romani, le svastiche, le croci celtiche, gli insulti al diverso. Sono passati più di 30 anni e la curva è ancora neonazista e festeggia la promozione in serie A con cori che inneggiano al nazismo. Ma oggi rispetto ad allora queste formazioni hanno delle coperture istituzionali, hanno delle sponde nel Palazzo, qualcuno che sceglie degli ultrà neonazisti come segretari particolari.» Ed ecco il secondo attacco a Sboarina: «Il sindaco di Verona ha scelto come responsabile della sua segreteria Umberto Formosa, già raggiunto da Daspo per reati da stadio, soprannominato “il picchiatore”. Lui materialmente apre e chiude la porta del suo ufficio, gli fissa gli appuntamenti. Tempo fa ho pubblicato una foto che mostra che fuori dall’ufficio del sindaco erano in attesa di entrare per un appuntamento Luca Castellini, coordinatore per l’Italia di Forza Nuova e capo ultrà di Verona, che ha indetto una mobilitazione per impedire questa serata, e il consigliere comunale Andrea Bacciga, che stasera è qui presente. È curioso che questo signore, che è il vicepresidente della commissione cultura in Comune, abbia avuto la brillante idea di impedire la presentazione di un libro».

Verona, per Berizzi, è una città bellissima, ricca di cultura e di storia, elegante, oscurata però «da un’altra Verona, da una Verona nera, da un laboratorio dove le curve nazi si sono saldate ai gruppi neonazisti, come Forza Nuova e Fortezza Europa, il nome con cui sotto il Reich veniva definita la parte occidentale del Vecchio Continente. Oggi quegli ultrà che mi avevano accolto da ragazzino con il saluto romano sono coperti dal Palazzo, sono rappresentati dentro al Palazzo. Questa sera sono felice di vedere che però c’è una Verona che si riconosce nella Costituzione. Si riconosce nelle leggi del nostro ordinamento, come la Scelba e la Mancino, purtroppo poco applicate nel nostro ordinamento, ma che dicono una cosa fondamentale: il fascismo in Italia è fuori legge, bandito. Al Congresso Mondiale delle Famiglie, oscurantista e medioevale, andato in scena lo scorso marzo in questa città, le destre hanno messo il proprio cappello. Noi siamo accanto all’Anpi che ha chiesto di sciogliere i gruppi fuorilegge: Veneto Fronte Skinheads, Forza Nuova, Casa Pound, Fortezza Europa, Comunità Militante dei Dodici Raggi, Lealtà Azione, per citarne qualcuno. Verona con queste bande nere ci è andata a nozze, facendole partecipare alla vita pubblica. E chi dice che non è vero o mente sapendo di mentire o preferisce voltare la faccia dall’altra parte, con inconsapevole complicità».

«In Italia la Legge Scelba e la Legge Mancino puniscono le manifestazioni che si ispirano alle ideologie fasciste e naziste, in NazItaliaci sono fatti eclatanti in cui queste leggi non sono state applicate. Si deve porre molta attenzione a certi episodi che stanno accadendo, di una gravità eccezionale – ha aggiunto Guido Papalia –, che hanno avuto degli esiti diversi per quanto riguarda la valutazione giudiziaria, ma che devono essere considerati fatti rilevanti. Si torna a parlare di confini, di regola di cittadinanza, di atto politico insindacabile anche quando lede i diritti individuali di un terzo, contro i principi garantiti dalla nostra Costituzione. Di recente sta diventando molto preoccupante il clima. Parlo da cittadino e il comportamento di Bacciga è stato di una gravità eccezionale per il ruolo che svolge, non so se ne sia reso conto. Non era mai capitato che in un consiglio comunale un rappresentate del popolo e della maggioranza rispondesse con il saluto romano a un gruppo di persone che manifestavano a tutela della legge sull’aborto.»

Andrea Bacciga. Foto di Carolina Torres

Bacciga ha quindi tentato di prendere la parola per replicare alle accuse: «Posso intervenire, voi che siete democratici e fate parlare tutti, mi fate parlare? È questa la democrazia?» Tra fischi, «no», «vattene», «fascista», «vai via» «fuori», il consigliere comunale è riuscito a dire poche parole: «Si è parlato molto di Costituzione e mi pare che la Costituzione piaccia quando vi fa comodo, nel senso che una persona fino a quando non viene condannata con sentenza passata in giudicato deve essere ritenuta presunta innocente. Ritengo abbastanza grave che un ex procuratore mi accusi e dica che io abbia compiuto un tale fatto senza aver visto le carte».

Gli animi non si sono placati con l’intervento di Pier Paolo Spinazzè. Il writer, in arte “Cibo” che copre i simboli nazisti e fascisti in giro per Verona con disegni raffiguranti per l’appunto pietanze, era tra i relatori della serata. Lo street artist ha avuto un veloce “scambio di opinioni” con Bacciga, il quale lo ha denunciato per stalking e diffamazione. 

Da sinistra, Carlo Verdelli, Paolo Berizzi e Pier Paolo Spinazzè. Foto di Carolina Torres

A chiusura della serata l’intervento di Verdelli: «Sento la responsabilità come direttore di essere qui per Paolo, che è sotto scorta per aver scritto questo libro. Gli era stata sconsigliata la presentazione di questo libro a Verona. Più ci verrà sconsigliato di fare qualcosa e più la faremo. L’Italia si è riscoperta fascista, alla presenza del fascismo dentro di noi in realtà non ci abbiamo mai fatto i conti come nazione. Questo libro denuncia come un fenomeno sia passato dalle curve calcistiche a fenomeno istituzionale in certi contesti. Presto questa cosa che sta accadendo a Verona avrà seguito in molte altre città». Verdelli ha concluso ricordando che «la dodicesima disposizione finale della Costituzione dice che è vietata la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista. Nel 1952 è arrivata la Legge Scelba (art. 1), che vieta associazioni e movimenti non inferiori a cinque persone che perseguano finalità antidemocratiche proprie del partito fascista e usino la violenza come metodo di lotta politica. La legge Mancino, poi, nel 1993 – per chiarire, né Scelba né Mancino erano comunisti – ha allargato la punibilità a movimenti che si ispirano al fascismo e ne ripropongono gli ideali (art. 1), tra cui le discriminazioni, l’odio, la violenza praticata per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi». E ribadendo che «chiunque cerchi di vietare di vivere legalmente – impedendo per esempio la presentazione del libro di Paolo a Verona – ci sfida a violare la legge e la Costituzione».