Cibo contro il degrado
La missione di Cibo è coprire svastiche e croci celtiche e in questo Verona gli ha sempre dato tanto da fare a differenza delle tante città che gira periodicamente.
La missione di Cibo è coprire svastiche e croci celtiche e in questo Verona gli ha sempre dato tanto da fare a differenza delle tante città che gira periodicamente.
«Se vuoi vincere contro il tuo nemico portalo nel tuo mondo e vincerai.» Il motto di Cibo, all’anagrafe Pier Paolo Spinazzè, sembra nascere da colui che combatte ogni giorno contro “il male” e, in effetti, da quando ha iniziato a coprire le brutture e in particolare i simboli d’odio su muri, cassonetti o colonnine della luce ha trasformato la sua azione «da street artist in una fonte di ricchezza.» Non usa mezzi termini il 37enne originario di San Giovanni Lupatoto, dove la sua vita è cambiata notevolmente negli ultimi dieci anni, da quando appunto nacque Cibo, uno dei suoi tanti alter ego, con la creazione di un bel pezzo di Montasio a Treviso su un muro abbandonato.
Da lì la sua principale missione, oltre al suo lavoro di design e illustratore, è coprire principalmente svastiche e croci celtiche. In questo Verona gli ha sempre dato tanto da fare a differenza delle molte città che gira periodicamente: «L’odio di estrema destra rappresentato dagli sfregi su muro è un problema prettamente veronese. A Bolzano, per esempio, una cosa simile non succede: già la stessa mattina della comparsa di simboli d’odio, tutto viene ripulito dagli operatori ecologici dell’amministrazione comunale. Io vengo chiamato in giro, ma davvero spesso non ci sto dietro.» Per lui la street art diventa potente in un determinato luogo e in quel determinato momento, ed è per questo che cerca sempre di legare spazio e tempo, in un mondo effimero dove la vera opera d’arte non è il disegno ma l’interazione con le persone. Mettendoci ovviamente la faccia, sempre.
Lo si potrà vedere all’opera a Forte Sofia il 20 giugno, questa sera, dalle 20 alla “Giornata mondiale del rifugiato”, organizzata per il secondo anno consecutivo dall’associazione One Bridge to Idomeni, dove il writer farà una performance artistica che sarà poi smontata e portata via da tutti gli spettatori. E poi ancora, in veste di commentatore, alla presentazione del libro NazItalia dell’amico Paolo Berizzi alla sala Lucchi di Verona, con cui condivide i medesimi valori antifascisti.
Un impegno diversificato e in prima linea, appunto, dopo che negli ultimi cinque anni la sua attività si è intensificata e le conseguenti minacce (anche agli stessi genitori di Pier Paolo) e denunce arrivate da più parti. Il cuore di verdure sulla serranda del negozio Zaziè a Veronetta (nella foto di copertina) per esempio lo ha già rifatto circa 8 volte. «In una sola notte sono stati danneggiati 30 murales solo a Zevio. Un’azione che dipinge il clima squadrista che esiste e che non si deve censurare. Ciò che preoccupa è il metodo di queste persone che operano in diversi contesti, la copertura economica e legale di cui si avvalgono e l’impunità che li circonda. Non per nulla Verona è considerata “il laboratorio delle estreme destre” e purtroppo fra qualche tempo farà scuola anche in altre parti d’Italia. Quando racconto tutto questo all’estero dove sono invitato come testimonial della buona cucina della Penisola e come artista che combatte l’odio, la gente ride. Pensa non sia così. E invece è proprio la situazione che respiriamo tutti ogni giorno.» Uno dei suoi compagni di università si chiamava Nicola Tommasoli, di cui abbiamo parlato dell’anniversario della morte anche in queste pagine.
Cibo sa di avere una marcia in più rispetto ai suoi colleghi street artist: sa comunicare (una pagina Facebook con più di 63mila seguaci ne è una prova), sa gestire tutti i materiali multimediali che produce lui stesso e accetta candidature per muri pubblici purché siano visibili dalla strada o in parchi pubblici frequentati. Non chiede nulla a patto che non vengano emesse denunce (per i posti abbandonati). È per lui gradita l’ospitalità e un baratto in prodotti alimentari del posto. Ah, e «non lavoro con razzisti e omofobi, il Novecento è finito.»