Giornalisti e giornaliste di corsa e ovunque, in attesa di dichiarazioni e dei spogli elettorali. La notte delle elezioni europee vissuta al Parlamento a Bruxelles è un bel palcoscenico dell’informazione. Milleseicento operatori accreditati, tantissime telecamere e altrettanti stand up all’interno della plenaria. La maggior parte dei giornalisti lavorava proprio qui, dove di solito siedono i parlamentari europei e dove vengono prese la maggior parte delle decisioni più importanti dell’Unione europea. In occasione del dibattito presidenziale del 15 maggio era stato allestito una sorta di studio televisivo che è rimasto anche per le elezioni. Da lì alcuni candidati alla presidenza della Commissione europea durante la notte elettorale – ovvero Ska Keller (Verdi), Frans Timmermans (S&D), Manfred Weber (Ppe), Margrethe Verstager (Alde) e Nico Cué (Gue/Ngl)–  hanno commentato le elezioni. E sempre dalla sala plenaria i responsabili della comunicazione del Parlamento europeo annunciavano il susseguirsi di novità sugli exit poll, i seggi e gli spogli.

Dalla sala stampa, al mio solito posto, all’F26, ho inseguito lanci e lanci d’agenzia sui primi exit poll, dall’Austria, alla Polonia, dalla Finlandia alla Spagna, dichiarazioni e interviste fatte a Keller, la quale ha dichiarato di essere molto soddisfatta dei risultati dei Verdi sia a livello nazionale, quindi per la Germania, che a livello europeo, poi Vestager che non si è voluta sbilanciare e Cué che ha commentato in modo negativo il risultato della Francia, con il Rassemblement National (23.31%) di Marine Le Pen. E poi ancora lanci dal Portogallo, all’Estonia fino all’Italia che si è fatta attendere fino a tardi.

Il risultato dell’Italia era dato per scontato da tutti. I sondaggi dei mesi precedenti parlavano chiaro, ma certo è che nessuno, o pochi, delle persone con cui ho lavorato durante la notte si sarebbero aspettati una percentuale così alta (34.3%) per la Lega di Matteo Salvini. “Ero sicuro fosse il primo partito, ma non pensavo con una percentuale così alta, speravamo almeno sotto il 30%” così un mio collega agli ultimi aggiornamenti dei risultati provvisori e un’altra collega ha aggiunto “cosa devo dire? Non ci sono commenti da fare”. Una percentuale enorme e un risultato sicuramente da analizzare.

La grande sorpresa, al contrario, è stata quella del Partito Democratico (PD) che si è attestato come seconda forza al 22.69% e che per le persone con cui ho avuto modo di confrontarmi, è stato un risultato inaspettato. Con il voto nei Paesi Bassi e l’exit poll uscito poco dopo, si era capito che il partito
di estrema destra guidato da Geert Wilders non avrebbe ottenuto un buon risultato o comunque non abbastanza buono per cavalcare la scia sovranista e nazionalista degli euroscettici, all’interno del Parlamento europeo. Al contrario, in Europa infatti si è confermata l’onda verde che ormai da mesi bussava alle porte di tutti gli Stati membri e che ha spopolato in Germania (20.50%) affermandosi addirittura come secondo partito, e in Francia (13.47%), al terzo posto.

All’interno del Parlamento europeo, così come all’esterno, nell’agorà, davanti all’entrata “Altiero Spinelli” si percepisce – chiaramente – , il sogno europeo che non si vuole spegnere ma rinnovare, con gli opportuni cambiamenti e aggiustamenti, con risposte concrete, anche di fronte ai sentimenti più euroscettici e sovranisti.

Insomma, in una visione ottimistica, è necessario dire che i sovranisti non si sono affermati come volevano, o come era stato preannunciato, e probabilmente non avranno troppa voce in capitolo all’interno del Parlamento europeo. Nessuno dei leader presente alla notte elettorale ha dichiarato la volontà di allearsi con il gruppo parlamentare “Europa delle nazioni e della libertà” (Enf) di cui dovrebbero fare parte i 28 eurodeputati leghisti italiani e che dovrebbe contare 58 seggi totali su 751. “Non c’è nessuna possibilità di cooperare con partiti di estrema destra o estrema sinistra”, ha dichiarato Manfred Weber durante il suo intervento in plenaria.

Sono state chiamate le elezioni europee più importanti di sempre, molte cose sono cambiate e molti equilibri sono stati toccati. Per la prima volta nella storia dei 40 anni del Parlamento europeo, i due grandi gruppi parlamentari (PPE e PSE) non hanno più la maggioranza dei seggi. Ma a questo riguardo, Frans Timmermans, durante la notte post-elezioni ha invitato i partiti di centro-sinistra a formare una “alleanza progressista, per fare qualcosa riguardo la crisi climatica, per fare qualcosa riguardo le ingiustizie e fare qualcosa per la tassazione delle multinazionali”.

Un pezzo di storia. Un nuovo capitolo. Una nuova legislatura che si prepara a partire. La direzione dovrebbe essere quella di un’Unione europea sempre più forte e sempre più coesa per far fronte alle sfide sociali, economiche e ambientali a livello mondiale. Restiamo in attesa, anche qui a Bruxelles, dei prossimi passi.