Verona Infedele, per i trent’anni si mette in mostra
Il 25 dicembre 1988 comparve in edicola il primo numero di "Verona Infedele", giornale satirico che segnò, letteralmente, un'epoca. Una mostra ad Ongarine Café (Quinzano) ne ripercorre le gesta.
Il 25 dicembre 1988 comparve in edicola il primo numero di "Verona Infedele", giornale satirico che segnò, letteralmente, un'epoca. Una mostra ad Ongarine Café (Quinzano) ne ripercorre le gesta.
Poco più di trent’anni fa venne inaugurato a Verona un piccolo progetto editoriale, destinato a suo modo a fare, letteralmente, la storia di questa città. Stiamo parlando del giornale satirico “Verona Infedele”, il cui primo numero uscì il giorno di Natale del 1988 e la cui avventura durò un decennio. Sono in molti, oggi, a ricordare con nostalgia quella pubblicazione – che a metà degli anni Novanta arrivò ad una tiratura di quasi 5mila copie – che non lesinava stoccate a destra e manca, in un periodo caratterizzato politicamente da un socialismo craxiano ancora imperante, con la Lega di Bossi che muoveva ancora i primi passi mentre si assisteva alla nascita di Forza Italia. Tutte forze che approfittavano di una vecchia Democrazia Cristiana ormai marcescente. All’epoca, proprio come oggi, era sindaco della città uno Sboarina, in quel caso Gabriele (zio dell’attuale primo cittadino veronese) e un manipolo di giornalisti, collaboratori e artisti/disegnatori (fra cui Marco Belotti, Iaia Zanella, Alberto “Bogon” Cavazzuti, Chiara Salvetat, Gianni Burato e con l’aiuto anche del già celebre Milo Manara e della sorella Nives), capitanati da Cesare Furnari, diedero del filo da torcere al mondo della politica, dell’economia, della finanza e del clero della Verona di allora.
Per celebrarne l’ideale compleanno, a distanza di tre decenni da quei ormai mitici primi numeri, Ongarine Café a Quinzano ospiterà – con inaugurazione in programma sabato 25 maggio alle 18 – una mostra che ne vuole ripercorrere le vicissitudini grazie soprattutto all’esposizione delle prime pagine più divertenti e irriverenti, che seppero, in modo goliardico, corrosivo e scanzonato, raccontare la città in quel travagliato periodo storico. Un tempo che vide, fra le altre cose, le rovinose inchieste di Tangentopoli (anticipate proprio dalle inchieste del periodico) e tanti cambiamenti politico-sociali. Ne parliamo con una delle grandi firme di quella testata, Claudio Bighignoli, fumettista, vignettista, splendido disegnatore e artista, che sarà ovviamente presente all’evento di sabato pomeriggio e che torna ad Ongarine dove ha già esposto la sua bellissima mostra – dedicata alla “vecchiaia” dei Supereroi – dall’evocativo titolo di De Senectute.
Bighignoli, che tipo di evento ci dobbiamo aspettare per sabato?
«Sarà una festa socialmente allegra, senza autocelebrazioni o contorni tristi e nostalgici. Ci saranno per l’occasione sei o sette sopravvissuti della redazione, visto che alcuni purtroppo non ci sono più, mentre altri non potranno essere presenti. L’intento, un po’ subliminale se vogliamo, sarà solo quello di ricordare quella che fu un’epoca, anche giornalistica, di questa città, e magari dare con l’occasione qualche spunto interessante ai giovani veronesi, che non hanno potuto conoscere quella realtà. Si vorrebbe, in qualche modo, passare il testimone.»
Anche all’epoca c’era uno Sboarina primo cittadino…
«Al Gabriele dedicammo la feroce copertina del primo numero, quella che diede il là alla nostra avventura. Diciamo che se la testata fosse tutt’ora viva le dediche anche all’attuale sindaco non mancherebbero. Anzi… »
Purtroppo non tutti i protagonisti dell’epoca potranno essere presenti all’evento.
«Già. Alcuni perché impegnati altrove, altri perché purtroppo non ci sono più. Come il direttore “irresponsabile” Cesare Furnari, così come Gianni Burato, il nostro vignettista e caricaturista, che sarà comunque ampiamente rappresentato sui pannelli che saranno esposti ad Ongarine Café. Poi ci sarà l’esposizione anche di una dozzina di numeri dell’epoca, che verranno “impiccati” – in modalità giornali da bar – con delle stecche di legno che li renderanno sfogliabili, fruibili, staccabili e riattaccabili.»
Fra voi c’era anche un vero e proprio fiore all’occhiello: Milo Manara.
«Si, le altre testate cittadine, in effetti, si chiedevano come una manica di straccioni come noi si potesse permettere di avere una matita come quella del grande Milo fra le sue fila… eppure…»
Il nome della testata come venne scelto?
«Il titolo era ovviamente un omaggio alla diversamente famosa “Verona Fedele”. Chiaro che i rapporti con la testata della Diocesi, all’epoca, non erano propriamente amichevoli. Abbiamo ricevuto lettere che ci diffidavano dal continuare la nostra attività. Per noi quella, però, era in qualche modo una forma di riconoscimento.»
Che tipo di cadenza aveva il vostro giornale?
«Regolarmente irregolare: a volte si usciva mensilmente, altre ogni quaranta giorni o due mesi. Non c’era, dunque, una periodicità prefissata. La verità è che dovevamo continuamente cambiare tipografia, perché quelle che di volta in volta ci aiutavano a stampare poi subivano dei ricatti, un calo delle commissioni e in generale si ritrovavano loro malgrado al centro di una serie di situazioni imbarazzanti che le costringeva, loro malgrado, ad abbandonare il nostro progetto. Comunque, nonostante questa precarietà, siamo riusciti ad uscire in edicola per un lungo periodo grazie alla nostra tenacia.»
Al di là di tutto fu per voi un periodo di risate e divertimento. O mi sbaglio?
«Certamente. C’erano vignette, battute e articoli, che – visti con gli occhi di oggi – risultano estremamente pesanti. Furnari, giornalista di razza e ben radicato sul territorio, contava sulle soffiate di varie “talpe”, inserite nel mondo della politica e dell’industria cittadina. Insomma, quello che usciva sul giornale aveva sempre quel pelo di verità che ci permetteva poi di uscirne sempre indenni nelle sedi processuali. Tutte le numerose denuncie che ricevemmo non arrivarono mai a buon fine, infatti. Poi, ricordo, ci fu anche il caso dell’onorevole Cresco, protagonista di una nostra copertina, che nottetempo sguinzagliò tutti i suoi “scagnozzi” per acquistare tutte le copie del giornale distribuite nelle edicole di Verona e provincia. Fu per noi una grande soddisfazione: ovviamente poi andammo in ristampa e distribuimmo il numero regolarmente a tutti i nostri lettori.»
In tutti questi anni avete mai individuato un vostro “erede”?
«Ci sono state alcune pubblicazioni come “L’Ombroso”, davvero interessanti e ben fatte, ironiche e divertenti. È però, quella, un’uscita più irregolare rispetto alla nostra e non è mai andato in edicola. Si appoggia a dei punti di distribuzione amici e non c’è quella capillarità sul territorio che avevamo noi. “Verona Infedele”, tutto sommato, era trasversale e veniva letto a destra, al centro e a sinistra. Non risparmiavamo nessuno nelle nostre bacchettate e per la testata collaboravano persone che la potevano pensare in maniera anche diametralmente opposta fra di loro. L’importante, però, era il rispetto reciproco e l’idea di fondo di voler inesorabilmente bacchettare il potere. Cosa che, ovviamente, metteva d’accordo tutti.»
Se lo immagina, oggi, nella nostra città, un “Verona Infedele” come il vostro?
«Il panorama attuale è diverso in termini di permissività e libertà d’azione, ma è anche vero che la situazione offre un sacco di spunti. Per la mostra, a dire il vero, abbiamo redatto un numerino speciale, che porterà la data del 25 maggio 2019, con cui diamo un’occhiata alla situazione di Verona.»