Cento di questi Pantheon!
La rivista, partita undici anni fa dalla Valpantena, ha saputo crescere e diventare negli anni un punto di riferimento editoriale per Verona e provincia. L'intervista al direttore responsabile Matteo Scolari
La rivista, partita undici anni fa dalla Valpantena, ha saputo crescere e diventare negli anni un punto di riferimento editoriale per Verona e provincia. L'intervista al direttore responsabile Matteo Scolari
«Cento, cento, cento…». I vecchi fan di Ok, il prezzo è giusto! forse si ricorderanno di questo celebre urlo che il pubblico di Iva Zanicchi, ritmicamente e accompagnandolo con un battito di mani, urlava a ogni “giro della ruota”, invocando l’uscita del fatidico numero. Senza scomodare altri numi tutelari, certamente ben più interessanti dal punto di vista socio-letterario o televisivo, abbiamo voluto accostare a quella celebre trasmissione nazional-popolare la centesima copertina di una ormai solida pubblicazione editoriale come “Pantheon”. Perché si tratta di un traguardo davvero straordinario di una rivista locale che ha saputo interpretare al meglio, da quando è uscito il primo mitico numero, le mutazioni di un territorio come quello veronese.
Nato undici anni fa in Valpantena (non a caso il suo nome si rifà all’Ipogeo che si trova a Santa Maria in Stelle), la rivista all’inizio era bimestrale, ma divenne ben presto mensile ed è arrivata, con il numero distribuito pochi giorni fa, proprio al considerevole traguardo dei cento numeri. Una cifra forse impensabile, all’inizio dell’avventura, ma che con costanza, passione, determinazione, qualità e molto altro non solo è stata raggiunta, ma verrà superata e chissà, un giorno anche doppiata. Fra gli artefici di questo piccolo grande “miracolo editoriale” – che nel frattempo si è allargato anche al campo del Web, della televisione e, dulcis in fundo, della radio –, c’è ovviamente il suo direttore responsabile, Matteo Scolari.
Matteo, siete finalmente arrivati in tripla cifra: che emozioni stai vivendo in questo momento?
«Sono emozioni forti. Un paio di giorni fa ho chiesto a una nostra collaboratrice, che si occupa di grafica, di unire in un collage proprio le cento copertine di “Pantheon”. Una volta terminato il lavoro, me l’ha presentato e sono rimasto trenta secondi a guardarlo, in silenzio. In mezzo minuto ho rivissuto undici anni, tutti d’un fiato. È stata una sensazione particolare. Sicuramente piacevole.»
Quando sei partito, nel 2008, ti saresti mai aspettato di crescere così tanto con il tuo progetto?
«Quando ho iniziato avevo un sogno: poter scrivere, diventare un futuro giornalista, e, al contempo, dare la possibilità a tanti giovani, miei coetanei, di seguire la mia strada, creando in loco, in Valpantena, una redazione giornalistica che desse voce ai protagonisti di questo territorio. Una realtà redazionale che fosse anche un laboratorio, una palestra per i più giovani. Ogni mattina, quando entro in ufficio in Via Torricelli e vedo il gruppo di colleghi “sul pezzo”, ognuno con un proprio compito, una propria specificità e competenza, mi rendo conto di quali progressi abbia fatto quel progetto nato nel lontano 2008.»
Da cosa è partito tutto?
«Terminati gli studi universitari nel 2007, con una laurea specialistica in giornalismo in tasca, mi sono rivolto a un’associazione di imprenditori del territorio, Innoval, presentando al direttivo l’idea di creare un giornale che potesse contenere, in un periodo storico particolare – che coincideva con l’inizio della crisi economica – storie di persone che di fronte alle difficoltà cercavano soluzioni, di fronte a sfortune o avversità alzavano lo sguardo, magari col sorriso, e al contempo che desse spazio anche a progetti territoriali, iniziative di sviluppo che vedessero coinvolti soprattutto i giovani. L’allora presidente di Innoval, Germano Zanini, assieme ai soci, mi diede fiducia e nel febbraio del 2008, nel giorno di San Valentino, nacque la società editrice Infoval. A maggio dello stesso anno il primo numero della rivista. Avevo 27 anni.»
Quali sono stati in questi anni i momenti più importanti della vostra avventura?
«Dal punto di vista editoriale ci sono stati tanti incontri e tanti momenti significativi, dal punto di vista aziendale e strutturale direi il 2010, con la nascita della finanziaria Finval, una public company del territorio composta da 90 soci che ha scelto di investire nell’editoria e che ci ha permesso in quella fase di fare un bel salto in avanti; poi il 2014 con la nascita, da una nostra iniziativa, dell’associazione temporanea di scopo Verona Expo, in occasione dell’Esposizione Universale di Milano 2015, trasformatasi poi in associazione “Verona Network”. È grazie a quest’associazione e ai suoi 61 soci istituzionali che “Pantheon” e gli altri strumenti di comunicazione della società editrice sono riusciti a entrare nel cuore pulsante della città. Sempre nel 2014 la redazione fu spostata da Grezzana alla ZAI di Verona. Anche quello fu un passaggio significativo e determinante. In tempi più recenti, invece, il percorso verso il cosiddetto mobile journalism ci ha aperto le porte a nuove sfide interessanti.»
Qual è stato il momento più complicato e quello più bello?
«Momenti complicati, nel settore dell’editoria e del giornalismo, ce ne sono molti. Forse uno dei più delicati è stato quando ci siamo accorti che il giornale cartaceo, il mensile “Pantheon”, che per cinque-sei anni era stato “lo” strumento, l’unico per comunicare, non era purtroppo più sufficiente a garantire il mantenimento di una struttura che nel frattempo stava crescendo. Abbiamo dovuto diversificare la proposta editoriale per avere una crescita anche dal punto di vista commerciale. Il momento più bello, forse, la festa delle cento edizioni di due giorni fa, per la stima e la riconoscenza dimostrata nei nostri confronti da molte delle persone presenti in sala. Vuol dire che qualcosa di buono, in fondo, l’abbiamo fatto.»
Di tutte le copertine uscite in questi anni ce n’è una a cui sei affezionato più di altre? e se si quale?
«Ogni copertina è la fotografia di un preciso momento vissuto in redazione. Nel corso di questi anni, dal punto di vista grafico, si sono succedute molte persone e ognuna di queste ha lasciato un’impronta personale. Non ne ho una preferita, ce ne sono alcune che, col senno di poi, non avrei pubblicato. Ma sono poche. Nel cuore ho forse la prima, realizzata dall’amica Nicoletta Macchiella che mi aiutò, anche moralmente, a partire con questa avventura editoriale.»
Che obiettivi ti poni per le prossime cento copertine e per i prossimi anni di “Verona Network”?
«Cento copertine sono tante. Da qui a dieci anni chissà quante cose potranno cambiare. Per “Verona Network” immagino un futuro di crescita e di valorizzazione territoriale condiviso con altre realtà attive nel settore dell’editoria locale e, perché no, regionale. Il nome network non è a caso: cerchiamo la rete, la collaborazione, lo scambio. Nell’interesse del territorio stesso.»
Siete diventati un punto di riferimento della comunicazione a Verona: sentite il peso di questa responsabilità o continuate con la stessa spensieratezza/incoscienza che vi ha portato, all’inizio, ad avviare questo progetto?
«Nell’ultimo anno ho sentito più di una persona che ci ha detto la stessa cosa, che stiamo diventando un punto di riferimento. Io me lo auguro e lo spero, più che altro per l’impegno e l’abnegazione che ci mettono i nostri ragazzi e colleghi nel portare avanti una mission, un’attività editoriale che tiene sempre conto della ricaduta positiva che cerchiamo di lasciare sul territorio in cui operiamo. Il senso di responsabilità rispetto al passato è cresciuto, sappiamo che c’è una struttura, ci sono delle persone, sono aumentati i costi, c’è meno margine di errore, tuttavia affrontiamo le scelte editoriali e aziendali con serenità e, soprattutto, con la massima libertà. Senza condizionamenti.»
Cosa manca, secondo voi, a Verona nel sistema radiotelevisivo e della stampa?
«Verona è una città che avrebbe bisogno di una spinta positiva e propositiva. Avrebbe bisogno di spazi radiotelevisivi, giornalistici, di approfondimento (anche per mezzo di eventi tematici) in grado di offrire una riflessione seria, profonda, coscienziosa, lungimirante per il bene della città. Molto spesso lo sguardo termina appena al di là dei nostri piedi.»
A chi dedichi questo tuo personale successo?
«Non so se sia un successo, lascio che siano gli altri a definire un percorso professionale e personale che mi ha accompagnato per circa un terzo della mia vita finora. Ci sono stati sicuramente momenti di sconforto, notti insonni, pensieri, ma anche molte soddisfazioni, sorrisi, incontri speciali. La dedica, in ogni caso, va a tutte quelle persone che hanno creduto in maniera sincera e onesta a ciò che fino a questo momento – grazie al contributo di decine di persone – siamo riusciti a fare.»
Nella foto di copertina la redazione di Pantheon immortalata da Boldrini.