Verona Jazz fra passato e presente
Torna, dal 19 al 24 giugno, il VeronaJazz, una manifestazione dal passato glorioso e che deve ritrovare il coraggio di osare
Torna, dal 19 al 24 giugno, il VeronaJazz, una manifestazione dal passato glorioso e che deve ritrovare il coraggio di osare
Verona Jazz 2019: 19-20-21-24 Giugno, Teatro Romano di Verona.
Si apre anche quest’anno la rassegna Verona Jazz 2019, uno dei festival di questo genere musicale più antichi d’Italia, nato ancor prima della famosa rassegna di Umbria Jazz.
Inaugurato nel 1970, la manifestazione ha trovato solo dal 1985 la sua collocazione definitiva nel prestigioso Teatro Romano. Nel corso di questi cinquant’anni di attività è diventata una delle rassegne più innovative e coraggiose in Italia, grazie soprattutto alla guida di consulenti artistici come Nicola Tessitore e il giornalista musicale Lelio Tagliaferro, che hanno saputo operare con grande maestria, compiendo anche scelte forti e sapendo sempre mediare tra qualità artistica e aspetti più prettamente commerciali.
In questo modo la rassegna veronese ha ospitato artisti del calibro di Miles Davis, Andrew Hill, Charles Lloyd, Wayne Shorter, Herbie Hancock, Keith Jarrett, Art Ensemble of Chicago, Bill Frisell, Horace Silver, Dizzy Gillespie, John Zorn, solo per citarne alcuni.
Tessitore era riuscito anche a organizzare progetti specifici in qualche occasione: uno tra tutti quello con Ornette Coleman che, nell’edizione del 1987, portò in riva all’Adige la sua suite Skies of America, scritta nel 1972, facendosi accompagnare dall’Orchestra Sinfonica dell’Arena di Verona. Ricordiamo anche l’invito al grande pianista Andrew Hill, che ha portato successivamente alla registrazione di diversi album, proprio per l’etichetta italiana Soul Note.
Purtroppo in tempi più recenti, con l’abbandono dei vari direttori artistici, la rassegna è rimasta in balia di logiche esclusivamente commerciali, altrimenti non si spiegherebbe la scelta di inserire in cartellone artisti che non hanno niente a che fare con il jazz come, ad esempio, Massimo Ranieri, Chris Cornell e Raphael Gualazzi. Nulla da eccepire sui singoli musicisti, sia chiaro, ma rimane il fatto curioso che siano stati inseriti in una rassegna di musica d’improvvisazione. Il Verona Jazz si è trasformato, così, in uno dei tanti festival musicali della stagione estiva, perdendo di fatto le sue peculiarità che lo rendevano così apprezzato.
La stagione 2019 si presenta, tutto sommato, curiosa e vivace, con la proposta – finalmente, verrebbe da dire –, nella serata di apertura del 19 giugno, di Mauro Ottolini, veronese di nascita e ormai artista apprezzato in tutta Italia e non solo. Il trombonista di Bussolengo è un musicista eclettico e vivace, che riesce a proporre il jazz da diverse latitudini. La serata veronese sarà un omaggio alle sonorità delle origini e alla città di New Orleans in particolare. Lo accompagneranno, oltre alla voce di Vanessa Tagliabue Yorke, preziosi compagni di viaggio come Fabrizio Bosso alla tromba, Paolo Birro al pianoforte, Glauco Benedetti al sousaphone e Paolo Mappa alla batteria.
Il progetto Two Islands – in scena il 20 giugno – vedrà il trombettista sardo Paolo Fresu e il violoncellista siciliano Giovanni Sollima unirsi all’Orchestra da Camera di Perugia per un progetto che omaggia le due più grandi isole italiane: Sicilia e Sardegna. Una sorta di incontro, senza barriere, tra la musica classica e il jazz, con entrambi gli artisti che tenteranno di raccontare, a modo proprio, l’isola a cui appartengono.
Enrico Rava non è una novità per il festival, ma per le sue 80 primavere ha deciso di impostare un tour che lo vede contornato dai musicisti che lo hanno accompagnato in questi ultimi anni, e che lo stesso trombettista torinese ha in qualche caso scoperto e lanciato. Il progetto Enrico Rava Special Edition vede Gianluca Petrella al trombone, Giovanni Guidi al piano, Francesco Diodati alla chitarra, Gabriele Evangelista al contrabbasso ed Enrico Morello alla batteria. Per chi non conoscesse Rava ricordiamo che è stato ed è uno dei più importanti jazzisti italiani, non solo per la sua musica ma anche per le sue tante collaborazioni internazionali (suggeriamo, per chi lo volesse approfondire, la lettura del libro Incontri con musicisti straordinari. La storia del mio jazz).
La Glenn Miller Orchestra (il 24 giugno), infine, risulta sicuramente la scelta meno audace del cartellone, perché ci riporta all’era dello swing e agli anni Quaranta, con uno sguardo al jazz più ballabile e meno sperimentale.
Auspichiamo per il futuro che la rassegna scaligera possa ritrovare la curiosità, la forza e l’audacia che l’ha contraddistinta nel suo glorioso passato. Una manifestazione cosi blasonata dovrebbe avere sempre il coraggio delle proprie scelte e osare, proponendo novità e scegliendo il meglio del panorama jazz internazionale, mediando al tempo stesso tra i nomi di grande impatto e gli artisti emergenti, fino ad arrivare a quelli di più difficile fruizione, ma in grado di creare contaminazioni e suggestioni tipiche di questo amato genere musicale.