Elezioni in Spagna: la (quasi) vittoria della Sinistra
Le elezioni politiche spagnole, tenutesi il 28 aprile, hanno confermato il PSOE alla guida del Paese, ma riservato alcune sorprese.
Le elezioni politiche spagnole, tenutesi il 28 aprile, hanno confermato il PSOE alla guida del Paese, ma riservato alcune sorprese.
Il Partito Socialista è stato di gran lunga la formazione più votata a questa tornata elettorale in Spagna e il partito di Sanchez è riuscito a rovesciare le posizioni sul Partito Popolare per quanto riguarda i risultati elettorali del 2016. Pedro Sánchez rafforza così la sua resurrezione come leader politico raggiungendo fino a 123 seggi, mentre il Partito Popular affonda con solo 66 seggi. Ciò conferma il travaso dei due maggiori partiti spagnoli, anche se l’attuale realtà politica del Paese iberico non ha oramai più nulla a che fare con il bipartitanship che aveva governato la Spagna fino a poco tempo fa. Il Parlamento spagnolo oggi è in generale molto più frammentato e costringe a pensare a imprescindibili accordi di coalizione per portare avanti un governo che sia in grado di dare, finalmente, stabilità al Paese.
Nel frattempo Ciudadanos di Alberto Rivera ha superato Podemos di Pablo Iglesias come terza forza politica e viene considerato uno dei vincitori di questa tornata elettorale. Con ben 57 posti a sedere è a solo 9 seggi dal Partito Popolare di un Pablo Casado, che risulta senza dubbio il grande sconfitto di queste elezioni, vittima consapevole della scissione dell’elettorato di destra. La fuga di voti verso il centro (a Ciudadanos) e verso l’ultradestra (a Vox, la fazione che irrompe nella Camera come quinto partito), come ampiamente previsto dai sondaggi porta a un quasi tracollo del PP. Crea clamore il fallimento personale di Pablo Casado, leader del Partito Popolare, a cui fa da contraltare l’ottimo risultato di Ciudadanos e Vox. Il notevole declino dei Popolari, con addirittura i peggiori dati della sua storia – circa la metà del numero di seggi nel 2016 – ha frustrato ogni possibilità di un’alleanza di forze della destra, nonostante il notevole aumento dei cittadini e l’irruzione di Santiago Abascal (Vox), che con i suoi 24 seggi non solo appare per la prima volta nel parlamento spagnolo, ma ha pure i numeri per poter persino svolgere un ruolo da protagonista. Un numero, quello dei seggi ottenuti, che i suoi leader considerano una vittoria, nonostante in realtà sia persino inferiore a quanto inizialmente preventivato da coloro che temevano un “atterraggio” nella Carrera de San Jerónimo persino più potente. In totale, le tre fazioni di centro-destra raggiungono 147 posti, 29 in meno di quelli necessari per formare un Governo.
Unidas Podemos, che ha già avuto un notevole riavvicinamento al PSOE nel 2016, raggiungendo 71 seggi contro gli 85 socialisti, subisce una pesante battuta d’arresto raggiungendo solo 42 seggi, un numero che comunque non è stato giudicato troppo negativo tra i sostenitori del partito viola, soprattutto per il suo confronto con sondaggi preelettorali, che prevedevano un fallimento persino più accentuato. Pablo Iglesias passa quindi a guidare la quarta forza del Congresso dei Deputati, consapevole – lo ha riconosciuto più volte – che le sue divisioni interne sono state a dir poco decisive in queste (per loro) tormentate elezioni. Tra le restanti formazioni il partito basco Esquerra Repubblicana ha registrato una notevole crescita di consensi (interni, ma non solo) per saltare dai 9 seggi che avevano fino a oggi ai 15 ottenuti in questo strabiliante (per molti aspetti) appuntamento elettorale.
Con questi risultati, e dopo aver proclamato il suo trionfo ineccepibile alle urne, Pedro Sanchez ha ora l’obbligo di cercare di formare un nuovo governo con il vantaggio di avere oggi molte più opzioni rispetto a quando, un anno fa, aveva “sfrattato” dal Palazzo della Moncloa (sede del Primo Ministro spagnolo) il popolare Mariano Rajoy. Senza una chiara maggioranza il Partito Socialista ha all’orizzonte diversi scenari prima di dover cercare l’accordo con Podemos, una forza che molti, all’interno del partito di Sanchez, avrebbero voluto già “inglobare” con chiari accordi preelettorali. Ma c’è anche chi dimostra insofferenza verso Iglesias e anche per questo prima di contattarlo si cercheranno altre possibili soluzioni. Come il patto coi Nazionalisti Baschi e le altre piccole formazioni – Convergencia, Bildu, PNV – che in qualche modo sono riuscite ad arrivare in parlamento e tutte insieme possono forse portare alla maggioranza dei seggi. Complicato, sì, ma non impossibile.