Le chiamano pulizie di Pasqua per un motivo, ‘sta specie di chiodo fisso che in questo periodo induce un tot di persone a (tentare di) motivarsi per riassettare casa, fare il cambio degli armadi, recuperare spazio buttando l’inutile e pulendo l’utile o quello che consideri tale perché di fatto continui a tenertelo – partner incluso, a volte –. Le chiamano così perché la Pasqua cristiana deriva da quella ebraica, una festività che ricorda l’esodo e la liberazione dalla prigionia egiziana e che rimanda dunque a una forma di passaggio, di transito, di rinascita. Anche metereologica, eccezion fatta per quest’anno, quando Pasqua e i giorni dopo sembravano cadere a novembre. Una festività durante la quale gli Ebrei dovevano eliminare ogni traccia di lievito, farina e/o polvere, praticando quindi una sorta di purificazione della casa rimandante, idealmente, anche a quella del fisico e dell’anima (per chi ce l’ha).
Insomma. Dalla vittoria contro l’acaro o l’incrostazione delle fughe delle piastrelle deriverebbe una specie di catarsi spirituale. Mentre laviamo le tende, svuotiamo i cassetti, buttiamo almeno una parte dei vestiti che ci andavano bene 10 anni fa ma che sono ancora lì perché sai-mai-che-tornano-di-moda-e-comunque-le-righe-smagrano, dovremmo quindi essere felici, non smadonnare come un portuale di Marsiglia ubriaco. Stiamo compiendo un rito catartico, importante per la nostra felicità e apertura al mondo in quanto presunta applicazione noantri style del feng shui che permetterà ai più spirituali di «pulire, togliere di mezzo il vecchio, arieggiare, aprire le finestre, le braccia e il cuore alle cose nuove» (cit. un articolo sul sito della Barilla). Gli altri, quelli meno spirituali, all’apertura delle braccia e del cuore ci penseranno più avanti, ma possono comunque continuare a pulire. Anche un risultato più pragmatico va bene. Come per esempio poter entrare nello sgabuzzino senza dover scavalcare pacchi di roba potenzialmente rischiosa a livello fisico e morale. Se cadi, ti fai male. Se ti fai male, smadonni. Se smadonni, addio pace spirituale.
Che poi, tutto ‘sto self-development in due giorni di lavoro festivo tanto tanto liberatorio non sembra. Con buona pace di Marie Kondo, autrice di Il magico potere del riordino e 96 lezioni di felicità nonché protagonista di una scorsa serie Netflix (Facciamo ordine con Marie Kondo) la cui sola esistenza la dice lunga sul declino contemporaneo. ‘Sta tizia in fissa con il rassetto è infatti l’ideatrice di un metodo di riordino degli spazi che combina un approccio pragmatico e uno emotivo. Secondo il primo, si deve buttare il superfluo e tenere solo le cose veramente utili, obbligando la gente a scelte tragiche – quali tra le decine di babbi Natale trash riesumati ogni dicembre decideranno di buttare i tuoi vicini? Eh. Boh –, scelte che riguardano anche i libri, ridotti dall’autrice a 30 essenziali – roba che per tenere il magico potere e le 96 felicità dovresti sacrificare Anna Karenina, tutto Oz, un po’ di Pirandello e di Camus più vari altri autori a tua scelta.
Stando al secondo, conservi solo le cose dal forte valore sentimentale, quelle che «irradiano gioia per te» (cit. il trailer americano della serie Netflix https://www.youtube.com/watch?v=WvyeapVBLWY, in cui si vede Kondo che entra nelle case abbracciandone [gesummaria] gli abitanti, saltellando ovunque per riordinare il casino altrui, convincendo gente che vive nel corrispettivo US del mercato di Porta Portese a dire “Sayonara” e “Arigato” alle cose accumulate). Ok. Questo potrebbe essere un buon metodo per ridurre la quantità di oggetti/vestiti/mobili/esseri umani circolante per casa, non fosse che a. la gioia è un sentimento sopravvalutato – se si sta appunto pulendo, in genere si è più in versione Marsiglia che joyful joyful – e che b. a seconda dei momenti, uno rischia di ritrovarsi in una casa amorosa e stipatissima stile Vittoriale o in una diciamo minimal stile “sono passati quelli del fisco e mi hanno pignorato tutto”.
Vabbé, per stavolta si resta sul classico. Ottimo per gli spirituali e gli abbracciatori, il metodo Kondo per te e altri comuni mortali non funziona. Quindi niente gioia, niente saltelli, niente catarsi ma solo il classico, vecchio metodo delle pulizie e dell’obbligo di buttare almeno qualcosa. Il che può essere comunque efficace, anche come rinascita. Questo se riesci a cestinare l’inguardabile lampada blu e gialla a frange e il set da fonduta regalate da un ex che non osavi buttare per paura di offenderlo post mortem affettiva. Se riesci a farlo senza pietà, e pure con un po’ di sparkling joy. Catarsi, saltelli e feng shui obligent.
Nel mezzo del cammin di nostra vita/mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita./Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte/che nel pensier rinova la paura!
Tant’è amara che poco è più morte;/ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte./Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,
tant’era pien di sonno a quel punto/che la verace via abbandonai.
Dante Alighieri, Commedia. Inferno, Canto I