Gaburro, mister promozione
Marco Gaburro, uno dei più bravi e preparati tecnici veronesi, fresco di promozione in serie C alla guida del Lecco, dopo aver già raggiunto lo stesso risultato sulle panchine di Poggese e Gozzano.
Marco Gaburro, uno dei più bravi e preparati tecnici veronesi, fresco di promozione in serie C alla guida del Lecco, dopo aver già raggiunto lo stesso risultato sulle panchine di Poggese e Gozzano.
Allenatore veronese tra i più bravi e preparati, ha appena messo in cascina la terza promozione della sua carriera. Marco Gaburro, originario di Pescantina, dove è nato nel 1973, ha festeggiato la scorsa settimana la promozione in serie C ottenuta alla guida del Lecco, quando mancano ancora cinque giornate al termine del campionato. Il recente trionfo si aggiunge ai due precedenti salti di categoria, sempre dalla D alla C, raggiunti rispettivamente sulle panchine di Poggese e Gozzano.
Il tuo curriculum può già vantare tre promozioni e un piccolo record.
«È vero, con l’ultima promozione ottenuta alla guida del Lecco, è già la terza volta che conquisto una promozione dai dilettanti al calcio professionistico. Conservo con piacere anche un piccolo record in quanto sono stato l’allenatore più giovane ad esordire su una panchina di serie C2 quando avevo solamente 28 anni. A dire la verità, secondo il regolamento era richiesta un’età minima di 30 anni ma avendo acquisito il diritto sul campo – avevo appena vinto il campionato di serie D con la Poggese – la Federazione mi venne incontro modificando la norma a mio favore.»
Allenatore professionista con una laurea in Scienze Motorie, ma anche una passione per la scrittura, visto che hai già pubblicato un saggio, un romanzo oltre a diversi articoli su riviste specializzate. Quando hai capito che questa sarebbe stata la tua strada?
« La professione di allenatore ha rappresentato sempre il mio obiettivo principale sin da quando ho iniziato ad allenare i bambini del Pescantina, la società del mio paese. La laurea in Scienze Motorie, fortemente voluta, mi ha consentito di accrescere le mie conoscenze. Sicuramente da lì a pensare di diventare allenatore professionista il passaggio è stato, invece, tutt’altro che semplice. Nella mia carriera ho dovuto prima di tutto fare i conti con un brutto incidente stradale, quando ero alla guida del Portosummaga, che mi ha tenuto lontano dai campi di gioco per un pò di tempo. Successivamente è arrivata l’esperienza alla guida della primavera dell’Albinoleffe, quando la prima squadra era in serie B, ma al termine della stagione, quando poteva finalmente concretizzarsi l’auspicato passaggio al calcio professionistico, sono dovuto ripartire dalla serie D sulla panchina dell’Aurora Seriate. Come vedete il mio percorso di allenatore è stato come una corsa in salita. Anzi, più che una corsa, direi una vera e propria rincorsa verso l’obiettivo. Tenete conto, poi, che non avendo un passato da calciatore professionista, come tanti altri miei colleghi, ho dovuto fare delle scelte ben precise, assumendo a volte anche dei rischi, vista l’esigenza di trovare comunque un lavoro stabile.»
Lo scorso anno, dopo aver portato in serie C il Gozzano, per la prima volta nei suoi 94 anni di storia, hai scelto di non proseguire e ripartire in serie D alla guida del Lecco, dove hai nuovamente vinto il campionato al termine di una stagione a dir poco trionfale.
«La promozione con il Gozzano è stata una grande soddisfazione. Tuttavia, nella mia carriera ho sempre cercato di migliorarmi così quando è arrivata la proposta del Lecco, una piazza sicuramente più grande del piccolo paesino della provincia di Novara non ho resistito alla tentazione di rimettermi in gioco. Lecco, inoltre, è una piazza con una storia importante (la squadra lombarda nel suo illustre passato ha militato in serie A e B, nda) e un progetto altrettanto importante, dove si “respira” calcio sette giorni su sette. Durante questa stagione, e parliamo di serie D, allo stadio erano sempre presenti almeno 1.500 persone, un numero decisamente rilevante per la categoria. La squadra mancava dalla serie C da sette anni con in mezzo anche un fallimento. Sono, quindi, contento di aver vinto la mia scommessa e regalato ai tifosi blucelesti questa grande soddisfazione.»
Parliamo di calcio. Hai un modulo di gioco preferito?
«Il mio modulo preferito è senza dubbio il 4-3-3, un sistema di gioco che ho “sposato” sin da quando ho iniziato ad allenare e sul quale ho cercato nel tempo di migliorarmi sempre più.»
Visto che parliamo di moduli di gioco l’eterno dilemma è sempre lo stesso. Il modulo si adatta ai giocatori o viceversa ?
«Senza ombra di dubbio il primo nel senso che per mettere in campo un determinato modulo si deve disporre dei giocatori adatti che devono essere utilizzati nel ruolo in grado di consentire loro di esaltare al massimo le loro caratteristiche. Il modulo non può prescindere dai giocatori a disposizione.»
Qual è secondo te una delle doti necessarie per diventare un bravo allenatore?
«Credo che una dote fondamentale sia quella dell’elasticità nel senso che ci trova ad affrontare spesso realtà diverse tra di loro e, soprattutto, ci si deve confrontare con teste tutte altrettanto diverse l’una dall’altra. Sicuramente se si ha la fortuna di trovare società che ti agevolano nella costruzione della squadra si possono creare i presupposti per raggiungere obiettivi importanti. Quest’anno a Lecco, per esempio, la squadra è stata costruita cercando di assecondare le mie richieste ed ho avuto la possibilità di conseguire una fantastica promozione. Certo, quando arrivi in una squadra devi sempre fare i conti con l’eventuale presenza di un gruppo storico tra i giocatori, caratteristica che può diventare un pregio ma anche un difetto. A Lecco, invece, su mie precise indicazioni la rosa è stata interamente rifatta e questo mi ha permesso, in ogni caso, di lavorare in tutta tranquillità, secondo quelli che sono i miei principi.»
Il prossimo anno rimarrai sulla panchina del Lecco per disputare il campionato di Serie C?
«Ora che abbiamo conquistato l’accesso alla categoria superiore abbiamo iniziato a parlare per il prossimo anno. Il mio auspicio è quello che si possa trovare unità d’intenti nei programmi futuri cosi che si creino i presupposti per la mia permanenza sulla panchina del Lecco. Naturalmente spero veramente di poter rimanere in maniera di poter esaudire il piccolo sogno di tornare ad allenare in un campionato professionistico. Rispetto all’esperienza precedente, ora la serie C è tornata a tre gironi (non esiste più la C2 ndr) e quindi il livello del campionato si è sicuramente alzato. L’avventura diventa, quindi, molto più stimolante.»
Si dice che per diventare un bravo allenatore sia utile fare la cosiddetta “gavetta” senza voler bruciare le tappe. Nel tuo caso non si può certo dire che tu non l’abbia fatta. Se arrivasse una chiamata dalla serie B cosa faresti ?
«In questo momento parliamo di una realtà distante dai miei pensieri. Il mio unico pensiero adesso è rivolto solamente al Lecco e alla possibilità di potermi misurare nuovamente nel calcio professionistico con questi colori. Tornare ad avere la possibilità di allenare nel campionato di Serie C dopo l’esperienza alla Poggese rappresenta ora il mio principale desiderio. Tutto il resto, per il momento, non conta.»