L’atleta, rocker e modella veronese Sofia Righetti ci racconta cosa pensa della vicenda del nuotatore romano, colpito per errore da due criminali in cerca di vendetta.
La terribile vicenda di Manuel Bortuzzo, il diciannovenne romano colpito da un colpo di pistola da alcuni malviventi che poi, una volta arrestati, hanno candidamente confessato di aver sbagliato persona, è stata al centro dell’attenzione nazionale per molti giorni. Il giovane, grande promessa del nuoto azzurro, purtroppo ha subito una grave lesione midollare che, con molta probabilità gli impedirà di camminare per il resto della sua vita. Manuel ha reagito subito con grande forza d’animo, incoraggiando lui per primo amici e parenti disperati per l’accaduto. Ovviamente – e non poteva essere altrimenti – sui social si è scatenato un acceso dibattito, nel quale è intervenuta anche l’atleta paralimpica veronese Sofia Righetti. Nata a Negrar nel 1988, Sofia si muove su una carrozzina a causa di un’ischemia al midollo spinale, procuratale da un errore medico durante un’operazione chirurgica al cuore, quando aveva solo cinque mesi. Nota al pubblico, l’atleta è anche una musicista, modella e molto altro ancora.
Sofia, la vicenda di Manuel ha colpito tutta l’Italia, soprattutto per le modalità criminali che lo hanno reso paraplegico. Innanzitutto, come hai reagito quando hai appreso la notizia?
«Ero sconcertata. Come è possibile che esci tranquillamente di sera a Roma con la tua ragazza e arrivano due persone in motorino a spararti? Poi, però, quando hanno dato notizia del suo stato di salute, ammetto di avere pensato: “Meno male che è solo una paraplegia, poteva finire molto peggio”. Contando poi che ovunque dicevano come fosse un nuotatore professionista, ho anche pensato che non sono riusciti a distruggere il suo sogno di diventare un atleta e un campione di nuoto. Ci sono tantissimi atleti con una lesione spinale che nuotano ottenendo risultati incredibili in varie specialità, tanto da riuscire ad andare e vincere le Paralimpiadi.»
Nei tuoi post su Facebook sul tema hai voluto spendere parole di grande incoraggiamento per Manuel, invitando nel contempo a non compiangerlo, ma ad aiutarlo a reagire. Una presa di posizione molto forte ed esemplare…
«Era sera e leggendo molti commenti sui social pieni di pietismo, come ad esempio “povero ragazzo, lo attende una vita spezzata e piena di frustrazioni”, mi è salito un nervoso incredibile. Non solo non aiutavano Manuel, ma stavano offendendo tutte le persone in carrozzina, diffondendo una mentalità abilista (l’abilismo è quell’atteggiamento discrimonatorio nei confronti delle persone con disabilità). La pietà umilia e denigra le persone, ed è esattamente ciò di cui Manuel non ha bisogno. Ha bisogno di vedere modelli positivi, propositivi, persone che con la carrozzina hanno una vita normalissima, e riescono a realizzare tutti i loro sogni. Tra cui essere campioni paralimpici di nuoto. Perché nel 2019 questa è la realtà, ed è ciò che la gente deve capire.»
Da cosa deve partire, secondo te, Manuel per ricominciare questa sua nuova vita?
«Dalla sua famiglia, dai suoi affetti e da chi gli vuole bene. Dai commenti positivi, dalle persone che lo spronano e gli dimostrano che la vita con una lesione midollare è ugualmente meravigliosa, si tratta solo di fare qualche aggiustamento. Poi, essendo lui una promessa del nuoto agonistico, guardare anche gli atleti paralimpici di nuoto italiani e internazionali (e perché no?, anche di altri sport), incontrarli, parlare con loro. Sono sicura che lo aspetteranno tutti a braccia aperte, io per prima se ci sarà l’occasione di conoscerlo. Magari davanti a una birra… i suoi allenatori gli faranno fare un’eccezione, dai (ride).»
Nei tuoi post hai raccontato, nell’occasione, anche la tua vicenda personale, condizionata dagli altri, in particolare da medici che non hanno svolto nel migliore dei modi il loro compito. Un “dettaglio” di certo non di poco conto…
«Non è che non l’hanno svolto nei migliori dei modi, hanno compiuto un errore madornale mentre mi operavano al cuore e non hanno praticato la circolazione esterna, negando poi che l’ischemia midollare, che ha provocato la mia lesione, fosse attribuibile a una loro negligenza. Io avevo cinque mesi, ero completamente indifesa, ma per fortuna ho come genitori due leoni che si sono battuti per arrivare alla verità, portando in tribunale tutti i chirurghi coinvolti, quando nel 1989 ancora non si parlava di malasanità ed era difficilissimo intentare una causa contro dei medici. Ho dei genitori meravigliosi che mi hanno fatto crescere nel modo più sereno possibile, senza mai nascondermi la verità, ma senza rabbia, come una bambina normalissima. Alla fine il non camminare è diventato davvero un dettaglio, una caratteristica della mia persona, così come l’avere i capelli biondi o gli occhi azzurri. Ed è esattamente così che la società deve vedere la disabilità per includerla senza sorta di pregiudizi: una caratteristica come qualsiasi altra.»
Sei una modella, rocker, un’atleta. Sei una speaker (del TEDx Verona, ma non solo) e moltissimo altro. La vita è fatta di tantissime sfaccettature e tu la stai vivendo appieno. Puoi essere da esempio per Manuel, ma non solo per lui?
«Vorrei tanto giungesse il momento in cui io non sarò da modello per nessuno, e quel momento arriverà quando si capirà che muoversi con la carrozzina, o avere qualsiasi altro tipo di disabilità, è una normalissima sfaccettatura della vita umana. Quando si capirà questo, lo shock che arriva nel momento in cui si è colpiti da una disabilità sarà minore, sia per la persona sia per la sua famiglia, e i tempi di ripresa saranno più brevi. Ho già sentito che Manuel ha lanciato un messaggio dicendo “Tornerò più forte di prima”, e questo mi dà una grande speranza su come i giovani vedano in modo diverso la disabilità, più leggero e positivo.»
Nel tuo speach al TEDx 2015 hai parlato di come la carrozzina può essere una tua alleata, che ti permette di fare milioni di cose. In fondo è l’atteggiamento con cui si affronta la situazione a fare di te una persona speciale o c’è qualche altro “segreto” che ti permette di affrontare in modo così gioioso la vita?
«Come dicevo prima, non sono una persona “speciale”, la carrozzina non mi rende speciale, è un mezzo tecnologico che mi permette di muovermi e spostarmi nel modo, cosa che altrimenti non potrei fare. La carrozzina dona la libertà, non costringe e non limita. Le persone con disabilità come persone speciali o gioiose sono altri stereotipi che propugna l’abilismo, e dobbiamo eliminarle. La disabilità è una condizione neutra che può accadere a chiunque, dipende poi se l’ambiente circostante è propositivo o negativo a trasformarla in un vantaggio o uno svantaggio.»
Un giorno, all’improvviso, hai deciso di iniziare a sciare e nel giro di pochissimo tempo sei diventata addirittura campionessa italiana. Un talento naturale o frutto di duri allenamenti?
«Entrambi. Ammetto di essere di costituzione forte e muscolosa, grazie alla mia dieta vegana, e di avere sempre avuto un ottimo equilibrio, ma per arrivare a vincere la Medaglia d’oro e la Medaglia d’argento ai Campionati Nazionali di Sci Alpino in soli due anni, partendo da zero, ho dovuto allenarmi duramente e metterci tanto sacrificio, sia a livello fisico che mentale. Non è stato facile, ma la più grande soddisfazione per me è aver dimostrato che con una dieta totalmente vegana e basata su proteine vegetali si può arrivare a risultati altissimi in poco tempo.»
Sei una musicista, con particolare predilezione per il rock anche duro. Quali sono i tuoi riferimenti musicali e quando ti vedremo sul palco e dove?
«Ho due date: a Bologna all’Alchemica e a Modena al Condor il 15 e 16 febbraio, insieme ai Vodka 4 Breakfast, la mia band glam metal. Io sono cresciuta a pane e Freddie Mercury e ora i miei gruppi preferiti sono i Type O Negative, i Pantera, i Destruction, i Motley Crue, i Testament e il glam e thrash metal in generale. Tutta roba “leggerina” insomma (ride). Ultimamente sto ascoltando anche molto i Rumatera: sentire quei ragazzi cantare in dialetto veneto mi spacca, spero di vederli presto dal vivo .»