Il concerto “nazirock” che si è tenuto nei giorni scorsi a Verona, anzi, per essere precisi, in una località della sua provincia, ha istituito delle curiose e inaspettate relazioni fra Jan Palach, martire della “primavera di Praga” – come tutti sanno si immolò dandosi fuoco come gesto di protesta contro l’invasione sovietica del suo Paese nel 1968 –, e i testimoni di Geova. Infatti, per una serie di circostanze, che a un certo punto sono sfuggite al controllo degli organizzatori del concerto, il povero Jan, esattamente come gli adepti della setta fondata da Charles Taze Russel rimbalzati dai nostri usci alla domenica mattina, è finito rimbalzato di sede in sede fino ad approdare per inerzia in uno spazio nell’immediato hinterland del capoluogo.

Al Povero Jan almeno è stato risparmiato il destino del giornaletto “La torre di guardia”, gadget che i Testimoni tentano costantemente di appioppare nelle loro incursioni a caccia di proseliti e che viene inevitabilmente cestinato e trasformato, quando va bene, in carta da riciclo. Non gli sono stati risparmiati invece monologhi in suo onore (e onere) da parte di importanti esponenti del mondo culturale veronese. Qualora il fuoco non fosse stato abbastanza… sai mai?, il concerto, poi, nascondeva, come le matrioske, una serie di paradossi.

Primo paradosso: era antico-munista, bisogna ammettere con una certa tempestività. Visto e considerato che il comunismo ha tirato le cuoia tra il 1989 e il 1992 si può dire molte cose della destra radicale, ma di certo non che pianifichi in maniera precipitosa e avventata le sue manifestazioni. Si prende il tempo che le serve. Diciamo solo che oggi, nel 2019, fare manifestazioni contro il comunismo ha più o meno il medesimo senso di fare raccolte firme on-line per la preservazione del dodo (o dronte), che non è una marca di bigiotteria high line come la vulgata mainstream pensa, bensì un uccello non volatore che si è estinto nel XVII secolo.

Stalin

Secondo paradosso: occorre spendere una riflessione riguardo al comunismo e all’anticomunismo, con la massima serenità. Se Baudelaire, il poeta dandy della Modernità, avesse potuto conoscere i pretoriani della destra radicale del terzo millennio molto probabilmente avrebbe dedicato loro la sua celebre poesia Héautontimorouménos , il tormentatore di se stesso. La quale opera letteraria era, sostanzialmente, la descrizione infiocchettata di un loop. Il medesimo loop in cui la destra radicale gira come un criceto nella sua ruota ogni volta che fa l’antico-munista. Infatti nel 2019 non esiste un comunista più comunista di un antico-munista veterofascio. Chi potrebbe essere più a sinistra oggi della destra radicale e di tutte le sue fumose elucubrazioni sullo “Stato etico” (orrore) e sullo Stato (orrore) come finalità e supremo regolatore dell’Economia? Stalin, in confronto, je spiccia casa. A volerla dir tutta, un destrorso radicale del terzo millennio si differenzia da un sinistrorso radicale del terzo millennio solamente per la sua idiosincrasia nei confronti di gender e immigrati, specie se neri.

Terzo paradosso: la Libertà usata come tema retorico in una manifestazione marchiata dal logo “Destra Radicale”. Un po’ come usare Pol Pot come brand per un seminario di studi sui benefici effetti del lavoro manuale nelle risaie del Sud-Est asiatico. Chi scrive non è un fan del suffragio universale ma, essendo convinto di avere il pregio della coerenza, non farà mai da testimonial per le campagne di sensibilizzazione riguardo al diritto di voto, essendo convinto che più “la  gente” se ne sta lontana dalle urne (elettorali) meglio è. Parimenti, chi rivendica con (legittimo, per carità) orgoglio determinati retroterra culturali, sarebbe bene che evitasse di utilizzare la libertà come tema polemico. Perché, a voler usare un paradosso, “sono tutti libertari con il backstage degli altri”, la libertà o è per tutti, o non è per nessuno. La libertà è per chi vuol accoppiarsi con persone del medesimo sesso, giusto per far un esempio a caso. Troppo comodo essere libertari solo con le libertà che fanno comodo.

Quarto paradosso: pare che tra il pubblico del concerto ci fossero anche esponenti del tradizionalismo cattolico veronese. Personaggi che si definiscono testualmente «Contro ogni Ideologia nata dalla Rivoluzione Francese”. Sarebbe bello poter spiegare loro che le categorie politiche di “Suffragio Universale”, “Elezioni”, “Voto per testa”, “Opinione Pubblica”, “Rappresentanza Popolare” e via discorrendo provengono dalle “ideologie nate dalla Rivoluzione Francese”. Ma bisognerebbe che padroneggiassero gli strumenti concettuali per arrivare a capire di essere contro le ideologie che hanno consentito loro di divenire, ad esempio, parlamentari della Repubblica grazie a una competizione politica basata sul voto per testa. Introdotta appunto dall’esecrata Rivoluzione “Franzosa”.

Héautontimorouménos, come scriverebbe il maestro.