Dev’essere stato uno shock per Verona, città tradizionalmente catto(bigotta)lica, scoprire, dalla lettura del Piano Folin per il riutilizzo degli edifici della Fondazione Cariverona, che il numero delle stanze degli alberghi siti nel centro storico è pari a 666, il sinistro numero della Bestia evocato nel libro dell’Apocalisse e dal significato a tutt’oggi oscuro.
Tuttavia questo dettaglio ci regala anche la meravigliosa opportunità di esaminare lo schema non solo con le lenti dell’Urbanistica – esercizio fin troppo banale che sconfina nel mainstream– ma anche con quelle della Teologia. Infatti, il richiamo di tale cifra, evidentemente nient’affatto casuale, ci può consentire di leggere il piano di recupero come una sorta di rituale di esorcismo (urbanistico) del Male.
Affinché l’inquietante numero sia cancellato dall’orizzonte della città, la Fondazione, come sappiamo, ha filantropicamente previsto la realizzazione di un hotel extralusso presso il palazzo ex Unicreditdi Via Garibaldi. Grazie a tale operazione, le stanze per clienti richlieviterebbero, passando a quantità più angeliche. Anziché con rosari, messali e acqua santa, l’inquietante numero verrebbe esorcizzato con vellutate camere d’albergo arredate in maniera minimal but expensive, come vogliono le ultime tendenze nell’arredo delle strutture ricettive di categoria Top Class. E comunque è giusto che anche l’antico e venerabile rito dell’esorcismo si adegui ai tempi (e alle mode).
A voler dirla tutta, il confine urbano oggetto di studio nel piano della Fondazione sembra ritagliato apposta per andare a scovare la Bestia, tracciando una linea rossa attorno alla città romana ed escludendo alberghi più o meno stellati collocati al di là di essa, ma comunque all’interno dell’ansa dell’Adige. Curiosa dimenticanza, per uno studio che ha l’ambizione di collegare con freccette colorate aree ben al di fuori di tale perimetro. Evidentemente “la rivelazione” del numero della Bestia ha fulminato il redattore quale un novello Paolo sulla strada di Damasco. Comunque sia andata, tutti i devoti della città dovrebbero sgranare rosari riparatori come melograni per ringraziare che la Bestia sia stata esorcizzata dalla assai meritoria iniziativa bancaria: finalmente la città avrà l’albergo di lusso del quale sentiva la mancanza. Ne sentiva la mancanza specialmente il pubblico rich and affluent, che non è riuscito a prenotare a Palazzo Victoria, perché ha trovato il telefono occupato.
Oltre all’esorcismo del Maligno, il piano ha altri importanti punti di forza. Primo fra tutti la previsione di un interessante e innovativo utilizzo degli spazi pubblici in Via Garibaldi, che vengono privatizzati per creare una rampa che consenta alla clientela richdi accedere in tutta riservatezza all’albergo dal piano interrato, attraverso un tunnel scavato sotto l’isolato, e trasformano la strada in una via pertinenziale di accesso all’Hub del turismo (e del benessere). Del resto, un accesso interrato era auspicabile, se non addirittura necessario, per preservare le pregiate pellicce delle avventrici richdai vapori di frittura prodotti della innumerevoli iniziative classy con cui la Verona si propone l’obiettivo di attrarre come un magnete la clientela esclusiva che usualmente dimora in strutture Top Level. Tipo i banchetti “tarocco Sud Tirol” a Natale oppure la sagra del ciarpame permanente e del bombolone puzzolente in piazza delle Erbe.
Tornando alla nostra rampa scopriamo che, attraverso un tunnel scavato sotto l’isolato ex Unicredit, essa riemergerebbe in superficie dalla parte opposta in Via San Mamaso, la quale seguirebbe il destino di Via Garibaldi, ovvero quello di essere trasformata in una via d’accesso pertinenziale a un immobile privato
La sola idea di scavare un tunnel a Verona dovrebbe far scattare un “alert” rosso sangue delle dimensioni di un faro. Nella città dell’amore non ha mai portato fortuna a chiunque l’abbia pensata. L’ultimo in ordine di tempo si trova a contendere con Lotta Comunista il (non) molto ambito podio del titolo di “testimone di Geova della politica” del terzo millennio. Senza contare che scavare nella pancia dell’urbe romana farà come minimo rinvenire tre ville, due circhi, un foro e, con un po’ di fortuna, pure l’Arca dell’Alleanza. Tutte cose che notoriamente velocizzano i lavori con un effetto vasellina.
Se una morale può essere tratta da tutto ciò, non ci è dato saperlo. Salvo che sarebbe opportuno evitare ogni forma di idealismo quando si presentano proposte di riuso del centro della città, o di sue parti, limitandosi a chiamarle con il loro nome oggettivo. E che se si vuol scacciare il Maligno, meglio cercare un esorcista che un urbanista.
A ogni buon conto, diciamo serenamente una cosa: quale oligarca russo milionario in euro non vorrebbe passeggiare lungo via Mazzini, probabilmente la via con il più alto numero di negozi di mutande per metro lineare di percorso, quantomeno su questo emisfero? È a lui, oltre che al Maligno, che il piano pensa.