L’elezione del Papà del Gnoco 2019 – in programma per domenica 10 febbraio – rischia di diventare, a Verona, la “sfida elettorale del secolo”.
Stiamo ovviamente esagerando, ma i due candidati per il ruolo di maschera principale del Carnevale scaligero (uno dei più antichi d’Italia) sono particolarmente noti in città e nelle prossime settimane la campagna sarà, come si suol dire in questi casi, senza esclusione di colpi: Sebastiano “Fox” Ridolfi e Francesco “Franz” Gambale se le suoneranno, amichevolmente, di santa ragione a suon di slogan. Tutto nel rispetto del goliardico clima carnevalesco.
“Il Nazionale” vi vuole far conoscere da vicino i due candidati e partiamo in maniera convenzionale dal numero “1”, Sebastiano Ridolfi. Informatico, 36enne, manager presso azienda di comunicazione digitale Bentobox, Ridolfi è anche un noto attivista di diritti civili e speaker radiofonico: «La radio è per me una dipendenza, più che una passione. Sono stato uno dei fondatori di Fuori Aula Network (la radio universitaria), fucina di talenti. E quello stampo e stile li ho portati al lavoro e in tutte le cose che faccio».
Com’è nata l’idea di candidarsi a questa importante carica?
«Due anni fa oramai, al Carnevale del 2017, su suggerimento di un’amica (che poi ha interpretato Melania), mi sono ritrovato mascherato da Trump. Il giorno della sfilata dei carri, con alcuni amici, ho portato in giro la Trump Family, che proprio in quei giorni si stava insediando alla Casa Bianca. Fu un successo incredibile e ancora oggi rappresenta per me un bellissimo ricordo. Vengo ancora identificato, persino sul posto di lavoro, per quella singolarità. In quel caso ho partecipato al carnevale un po’ da clandestino, non facendo ufficialmente parte del corteo e scippando, se vogliamo, un po’ di popolarità. Quello che conta, poi, è che mi sono divertito molto. Da allora un pezzettino di Trump è rimasto dentro di me e ogni tanto esce fuori. Nell’eventualità in cui venissi eletto, quindi, anche il Papà del Gnoco avrà nella sua verve anche qualcosa di presidenziale.»
In quell’occasione hai fatto tuo il mantra fake news, che proprio Trump aveva reso celebre all’epoca. Poi quel mantra è diventato un caposaldo anche della politica italiana. Diciamo che in qualche modo sei riuscito a capire, con mesi di anticipo, che quella poteva essere una chiave di comunicazione importante anche da noi…
«Sì, anche quell’idea, forse, è andata ben oltre le mie aspettative. Mi piace vivere il presente, respirare il mondo, capire la sensibilità di ciò che sta per avvenire. In questo i social network sono fondamentali. Ho uno spirito ottocentesco su tante cose, ma non sono un nostalgico. E in generale preferisco parlare sempre con qualcuno che all’inizio mi è ostile o distante, piuttosto che con chi rientra nella mia comfort zone.»
Cosa pensi che ti attenda nelle prossime settimane, fino al 10 febbraio?
«La prima cosa che mi auguro è quella di mantenere il sorriso, dall’inizio alla fine. Magari sembra una banalità, ma già adesso questo viene messo in discussione dalla natura di alcuni attacchi ricevuti negli ultimi giorni. Attacchi che avevo messo in conto, sia chiaro, e in linea di massima voglio fare spallucce e portare avanti il sorriso il più possibile. Non voglio, però, diventarne indifferente e certe cose, quando vanno a toccare l’intimo e il personale, sono davvero spiacevoli. Non sarò mai un cinico. Devo anche dire che ho ricevuto moltissimo sostegno fino ad ora.»
A proposito, com’è il feeling con il Comitato del Bacanal e l’altro candidato, Franz Gambale?
«Ci siamo piaciuti fin da subito. Il voto per l’accettazione della candidatura è stato espresso all’unanimità. Ciò significa che diciotto persone hanno accettato senza remore la mia candidatura. Io rispondo perfettamente a tutti i requisiti richiesti: sono nato a Verona, ho un’età compresa fra i 18 e i 65, non ho mai interpretato qualche altra maschera del Carnevale veronese (Trump, per il momento, ancora non è considerato tale) e non ho altre cariche pendenti.»
Qual è il tuo rapporto con la città?
«Io sono veronese de soca e Verona è fatta di molti mondi paralleli. A volte ne abbiamo un’idea un po’ distorta dai media. Io la amo in maniera passionale, che poi è l’unico modo in cui si può amare. Mi ha dato molte soddisfazioni in passato, ha vinto molti dei miei pregiudizi e la giudico una città accogliente. Sono qui a rivendicare uno spazio non come politico, ma come veronese doc. Anche come amante del Carnevale, di quella corte dei miracoli che per qualche giorno può sovvertire le regole, proprio come ho fatto io, per puro divertimento, nel 2017 con la trasformazione in Trump.»
Come sarà, allora – qualora venissi eletto – il Papà del Gnocco targato Ridolfi?
«Quando uno diventa Papà del Gnoco si sveste della sua personalità. Io vorrei essere il Papà del Gnoco più inclusivo possibile. Ci tengo a dire questa cosa, perché non vorrei dare quel taglio, peraltro già uscito, che è quello del Paàa del Gnoco attivista Gay. È una parte della mia vita, quella, che non rinnego assolutamente, anzi lo rivendico con orgoglio, ma non è quello, in questo caso, il mio scopo. Semmai, vorrei essere una sorta di ponte fra il Carnevale, di solito snobbato da parte della comunità gay, e chi appunto non se n’è mai avvicinato. Sono mondi diversi, che invece potrebbero avvicinarsi. Da parte mia ho trovato grande accoglienza e apertura.»
E se ti dico 6 giugno 2015, cosa ti viene in mente?
«Io sento che quel giorno, con il Gay Pride di Verona, ho fatto pace con la città. Anche in quel caso si è trattato di un ponte. Li ho riscoperto la Verona che mi piace davvero. Prima vivevo una sorta di contrasto. Verona è una città bellissima, che ci piace molto, ma che magari prima non mi appariva così ospitale. E invece si è dimostrata, a chiamata, ben diversa e ne sono felice. Ecco, io penso di rappresentare quel mondo lì, di chi Verona un po’ la soffre ma che se la vuole anche riprendere. E quando lo fai ci riesci, perché la città alla fine risponde. E risponde sempre bene.»
Come reagirà la città, secondo te?
«Io non ho fatto questa cosa per chissà quali ragioni. Non certo per rompere le scatole a qualcuno e, cosa più importante, non ho alcun mandante politico alle spalle. La mia curiosità è proprio quella di capire come reagirà la città. In fondo non la considero una prova personale, ma di Verona. Ci può essere un Papà del Gnoco non così canonico come gli altri? Il mio, sia chiaro, non è il tentativo di scardinare la tradizione. Ma la tradizione non è sempre uguale a sé stessa e chi lo pensa è in errore. Il Papà del Gnoco fino a poco tempo fa veniva votato solo dai Sanzenati uomini. Le donne sono state introdotte solo nel ’77. Ma poi, per fortuna, le cose sono cambiate. Il mio è un tentativo di aprire un pochino quel mondo. Cosa che sta facendo, è bene sottolinearlo, anche l’altro candidato, Franz Gambale, anche lui un po’ un outsider e che può avvicinare altre persone al Carnevale. L’idea, in fondo, è per entrambi quella di far appassionare al Carnevale di Verona chi fino a oggi se n’è stato lontano.»
Hai già capito se questa esperienza sarà presente in pianta stabile nel tuo futuro? Intendo dire: a prescindere dal risultato dell’elezione, continuerai anche nei prossimi anni con il Bacanal?
«A sensazione direi di sì. Ma al momento è prematuro e lo vedremo nel passo successivo. L’attivismo sarà sempre una parte fondamentale del mio tempo libero. Il mio, in fondo, non lo considero attivismo gay, ma sociale in generale. La discriminazione viene chiamata in tanti modi, ma si tratta solo di facce diverse della stessa medaglia. Quando tu porti un sorriso in piazza, negli ospedali, negli ospizi e nelle scuole materne stai compiendo un servizio sociale. E questo fa il Papà del Gnoco. Qualora venissi eletto vorrei, in particolare, sensibilizzare ulteriormente gli adulti sul tema del bullismo, che spesso non è stato compreso in pieno, viene sottovalutato o comunque anche se compreso non viene gestito bene. I ragazzi, invece, se stimolati ne parlano senza problemi. E poi i ragazzi non nascono bulli, ma imparano ad esserlo e spesso il bullo è quello che più degli altri deve essere aiutato.»
Fra i tanti slogan che sono già girati in rete ce n’è uno che ti piace più di altri?
«Lo slogan che preferisco, forse, è “la gnocca piace a molti, lo gnocco piace a tutti”. Mi fa molto ridere e in fondo siamo qui per ridere e prenderci un po’ in giro.»