Il regista Gianni Zanasi aveva già sorpreso positivamente pubblico e critica con le precedenti pellicole – ricordiamo in particolare Non Pensarci e La felicità è un sistema complesso –. C’è un filo rosso che che sottende il suo lavoro e che potrebbe essere riassunto in queste scarne parole del cineasta Jim Jarmusch: «[…] Preferirei fare un film su un ragazzo che porta in giro il suo cane piuttosto che sull’imperatore della Cina».
Zanasi ci racconta un cinema fatto di piccoli attimi, di tempi morti, che ricorda a livello letterario Raymond Carver. Lucia (Rohrwacher) è una giovane geometra single, con una figlia adolescente, che si barcamena per poter lavorare. Accetta di eseguire un lavoro di mappatura di alcuni terreni sui quali deve sorgere un enorme opera edilizia. Il progetto le viene commissionato dal poco trasparente Paolo (Battiston). Quando Lucia si accorge di alcune irregolarità, le appare improvvisamente nientemeno che la Madonna che le ordina di far costruire una chiesa sui quei terreni.
Troppa grazia, vincitore del “Premio Label Europa Cinema” come “Miglior film europeo a Cannes”, è un piccolo film che ci narra di persone comuni, delle loro difficoltà, che si scontrano improvvisamente, più che con il soprannaturale o la religione, con la propria integrità etica. Il rapporto tra Lucia e la Madonna non ha nulla di trascendente, anzi è immanenza pura: una relazione prosaica, dissacratoria, divertente. Al secondo incontro la Madonna le tira i capelli e le due si accapigliano. Per Zanasi la religione è solo un pretesto per entrare nelle vite di persone ordinarie – avrebbe potuto usare il più prosaico adagio socratico “Conosci te stesso” –. Lucia lentamente perde le certezze, mette in dubbio le sue convinzioni e si scontra con l’ottusità e la superficialità del pensare comune. Tutto ciò è girato con leggerezza e una sapiente e attenta regia. I dialoghi sono spassosi e sagaci, soprattutto quelli tra Lucia e il suo ex compagno Arturo (Germano).
I personaggi sono ben delineati dal punto di vista psicologico ma non fino al punto da conoscere perfettamente le loro azioni all’interno della diegesi filmica. Il finale lascia sicuramente qualche piccola sorpresa. Lo stile registico del cineasta emiliano potrebbe far storcere il naso allo spettatore medio, visto che manca di linearità, il montaggio spesso è frammentario e alcune scene chiave sono liquidate velocemente. Al contrario alcuni tempi morti vengono privilegiati, come le inquadrature delle colline della Tuscia (riprese sempre in campo medio e lungo) tra le quali la protagonista si perde. Riassumendo, una regia tutt’altro che conciliante che riproduce, forse, l’intreccio caotico e disordinato dei pensieri della protagonista.
Un pellicola all’apparenza docile che scava con la armi del montaggio e del realismo magico nello stato d’animo sentimentale di Lucia, nelle sue insicurezze. Non a caso nei due episodi in cui ciò accade il regista lo sottolinea attraverso la musica, proponendo la versione dello standard jazz In a Sentimental Mood, nella coinvolgente interpretazione del grande sassofonista John Coltrane.
Da vedere!
Troppa Grazia, 2018, 110′, commedia.
Regia: Gianni Zanasi. Fotografia: Vladan Radovic. Montaggio: Rita Rognoni, Gianni Zanasi. Musiche: Niccolò Contessa.
Interpreti e personaggi: Alba Rohrwacher (Lucia Ravi), Elio Germano (Arturo), Giuseppe Battiston (Paolo), Rosa Vannucci (Rosa), Hadas Yaron (la Madonna), Carlotta Natoli (Claudia), Thomas Trabacchi (l’architetto), Daniele De Angelis (Fabio).