“L’amore materno: alle origini della pittura moderna da Previati a Boccioni” ha inaugurato alla Galleria d’Arte Moderna di Verona, presso la sede di Palazzo della Ragione (fino al 10 marzo). Il tema è uno dei nodi centrali dell’arte italiana fra Ottocento e Novecento, sia per il valore simbolico che esprime sia perché alcuni tra i più grandi artisti del “nostro” Novecento vi si sono dedicati, esprimendo, con il loro tratto e con i loro colori, un sentimento poetico senza pari. Previati, Segantini, Boccioni, Morbelli… autori di opere dalle quali si può sempre scoprire qualcosa di nuovo, spunti affascinanti racchiusi da quei particolari giochi di luce che le opere divisioniste irradiano, a seconda del punto dal quale le si osservi. Va subito detto che l’esposizione è contenuta, venti pezzi, ma di alto valore, che delineano un percorso di per sé compiuto ma che ulteriori prestiti avrebbero potuto condurre l’osservatore a una maggior conoscenza delle innumerevoli sfaccettature che il tema offre.

Il catalogo, realizzato per l’esposizione, colma ciò che l’osservatore non vede, offrendo uno spaccato, alquanto ricco di spunti, sul movimento. Pubblicando numerose opere non esposte e ponendo a fianco il lavoro di altri artisti che hanno raccontato il tema “maternità” sotto l’egida non solo divisionista, il catalogo permette quelle riflessioni che ci sembrano necessarie a capire il valore di una mostra che intende celebrare, non solo l’argomento, ma anche uno dei periodi più creativi della Storia dell’Arte del nostro Paese.

Ciò detto la co-curatrice Francesca Rossi sottolinea «le grandi mostre non sono quelle di grandi dimensioni e di affollamento ma quelle che spiccano in qualità». E se di qualità si parla ci sembra giusto citare uno dei più straordinari artisti di tutti i tempi: Medardo Rosso, che in mostra è presente con due opere. L’intensità delle sue sculture in cera sembra non avere pari tanta è la forza che esse esprimono. Una forza che, come in un dolce ossimoro, si spegne nella delicatezza dei soggetti, plasmati con un segno che sembra farli apparire e sparire dalla materia. La mostra si snoda tra pittura, scultura, disegno, incisione mostrando un percorso tutto italiano sintetizzato dal pensiero – condivisibilissimo – di Gianfranco Maraniello, direttore del Mart di Rovereto: «Per troppi anni abbiamo foraggiato i patrimoni di musei stranieri, restituendo un’immagine che non dà valore al patrimonio italiano. Questo è un progetto coraggioso e importante perché è una tappa che permette di far si che questi capolavori diventino parte dell’immaginario collettivo». In effetti, troppo spesso, ai musei si vanno a riconoscere opere che già si è visto perché icone di correnti e movimenti ormai consacrati nella storia dell’Arte, ma non si riconoscono gli altrettanti capolavori che hanno fatto del nostro Paese uno dei più significativi per la nascita e lo sviluppo di movimenti artistici, Novecento in primis. E in questo “l’italiano” Divisionismo è certamente simbolo di innovazione, di un desiderio di scuotere e cambiare il panorama dell’arte. Aurora Scotti, curatrice con Francesca Rossi, specifica «il tentativo di rivoluzionare il linguaggio artistico, contestando la pratica del disegno e del chiaroscuro che aveva sostanziato per molti decenni la produzione artistica anche sotto l’egida dell’Accademia di Brera, doveva essere posto in discussione». In questo l’opera di Previati, del quale in mostra spicca una “Maternità” di grande formato (175,5 x 412 cm) prestata da Banco BPM che sostiene la mostra, si basa su passaggi sintetici di giochi di luce, su un tratto che è rivoluzione assoluta, desiderio di movimento, di orizzonti e di simbologie sinora inesplorate. È con Previati, ma anche con Medardo Rosso, che si segna un nuovo punto di partenza: non si tratta di azzerare la cultura e le tradizioni sin qui acquisite, si tratta di cambiare la prospettiva del racconto. La tradizione che aveva fatto della maternità una simbologia prettamente sacra, cede il passo alla rappresentazione dell’affetto materno ora terreno, immediato, universale. L’analogia – di cui la mostra è ricca – con l’opera Le due madri di Giovanni Segantini, che precede Previati, è più che mai evidente. L’opera, non in mostra, pur sempre riemerge da altri quattro lavori dell’artista. Le due madri, opera che nello stesso contesto –una stalla– racconta l’intimo momento del riposo ponendo al fianco una madre col suo bimbo e una mucca con il suo cucciolo, è certamente un simbolo dell’amore Universale.

A scaldare l’ambiente, conferendo sacralità al momento, è una luce a lanterna, come a testimoniare una Maternità superiore che veglia su entrambe. Il Divisionismo, dal 1889 dell’opera di Segantini, mantiene il carattere essenziale della sua arte, quella tecnica a pennellate interrotte e sovrapposte che sembrano sottili fili di colore spezzati uno sull’altro e, vent’anni dopo, ci dona lo splendore di Nudo di spalle (Controluce) dove Umberto Boccioni ritrae sua madre, in un contesto che si spoglia dell’ambiente, esaltando solo la figura, e divenendo, ancora una volta, come fu per Segantini e Previati, simbolo e orizzonte nuovo nella storia dell’arte. Mondo che si prepara alla svolta futurista.