Contesto: alle sei hai un appuntamento con questi tizi per vedere se vogliono pubblicare le tue selve. Il che può non essere semplicissimo, visto che spiegare a due che non hai mai visto che cosa sono, le selve, potrebbe essere complicato perché non lo sai bene bene manco tu, che cosa sono. Mentalmente, hai ben cercato una specie di scappatoia linguistico-definitoria, perché in fondo metterle sotto la voce “delirio dopo che una stronza bionda ti ha cacciato dall’Aci” ti pareva un po’ brutto da dire a degli sconosciuti con cui vorresti collaborare. Non sai bene perché, ma confusamente intuisci che non si fa, nononono.
Allora, ricapitolando: reportage no, pezzo di costume sticazzi, cultura manco a parlarne, storie personali figuriamoci – mica sei la nonna di Cappuccetto Rosso –, sport sei allergica, musica e spettacolo maquandomai e insomma forse è meglio che ne stampi qualcuna così gliele fai leggere direttamente e la chiudi lì. Arrivi quindi nel vicolo del bar, dove il tuo amico che deve presentarti sta facendo i cento passi concionando al telefono tranquillo come uno squalo a digiuno da mo’ prima di grugnirti una roba che suona vagamente – ma potresti pure aver capito male – come un “sono dentro”. Meglio gli sconosciuti che lo squalo, indiperciòpercui entri e ti guardi in giro, per fermarti un attimo a maledirlo, lo squalo che ti aveva detto “no problem, è una cosa easy” col risultato che tu sembri una scappata de casa mentre uno è ingiacchettato e incravattato e l’altra c’ha i capelli liscissimi, la piega perfetta e la borsa Chanel. Vabbé. Più tardi scoprirai che la donna Chanel c’ha pure un pacco di scarpe fashion, ma al momento le scarpe non le vedi e quindi avanzi, ti presenti, ti ordini una birra mentre il tizio ti spiega qual è la linea editoriale e il progetto e blaeblaebla.
Mentre lo ascolti tu pensi che questo deve aver studiato marketing o fare eventi o essere semplicemente molto educato, perché esordisce con un “innanzitutto, grazie per essere venuta” che fa venditore di fondi di investimento ad alto rischio stile La grande scommessa o presentatore di film iraniani sottotitolati in curdo o, appunto, persona molto gentile. Intanto arriva anche lo squalo, e questo proprio mentre, dopo aver dato i fogli, stai annaspando a spiegare le selve, e Dante, e l’intelligenza circolare, e i titoli nominali, e la cosa dell’Aci – ovviamente eviti di dire che la tizia ti ha cacciata, può sembrare fuorviante perché tu ti consideri una tizia accomodante e quindi non si capisce bene perché quella stronza bastarda bionda abbia cacciato una personcina come te – e blaeblaebla intanto che il tuo amico fa citazioni di gruppi musicali che nessuno di voi capisce. In quel momento, la tizia bionda si mostra tutta entusiasta perché la selva zero è scritta bene e perché, lo giuro su mia madre che ha detto così, quasi Cit., “i trattini sono tutti giusti e [censura]”. Lì tu capisci che state dalla stessa parte. Certo ai profani può sembrare una cosa importante quanto un ombrello nel deserto del Sahara, ma tu sei una che se uno non mette il punto interrogativo in “come stai?” le ruga – giusto perché sei accomodante-accomodante eh –, ma realizzi che lei deve essere peggio, e ti sta già super simpatica anche se c’ha tot paia di scarpe più di te e se tra i tre tu sembri la scappata de casa. Comunque ormai s’è fatta ‘na certa e ognuno si diparte per conto suo, è stato bello per tutti e si stava meglio quando si stava peggio eblaeblaebla.
Il giorno dopo ti arriva il messaggio del tizio gentile venditore di azioni che ti scrive che a loro sono piaciuti i pezzi e che pensano di fare una sezione apposta per le tue selve. Lì capisci che chi fa una sezione per una roba che si può intitolare “il figlio porco”, “il figlio del trans untore” “il pavone sexy”, “le mondine del Gobi” ecc sta messo come te che li scrivi, i pezzi sul figlio porco, e che insomma siete della stessa famiglia quanto a circolarità mentale, e allora eccoti che collabori con Il Nazionale.net., anche se per il figlio porco magari aspettiamo un attimino a pubblicarlo, va’.

Nel mezzo del cammin di nostra vita/mi ritrovai per una selva oscura

ché la diritta via era smarrita./Ahi quanto a dir qual era è cosa dura

esta selva selvaggia e aspra e forte/che nel pensier rinova la paura!

Tant’è amara che poco è più morte;/ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,

dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte./Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,

tant’era pien di sonno a quel punto/che la verace via abbandonai.

Dante Alighieri, Commedia. Inferno, Canto I