Studia, spreca, segna, domina, soffre e poi vince. In fondo per la Virtus Verona contro il Renate era quel che, in questo momento, contava davvero. Se poi, come è avvenuto, i punti portati a casa sono arrivati con pieno merito, tanto meglio per gli uomini di Gigi Fresco. Da Meda è arrivato un successo pesante quanto necessario. L’uno a zero finale che regala la prima gioia esterna della stagione permette di tirare un sospiro di sollievo. Per il morale ma anche e soprattutto per le prospettive.
Prendere il calendario per le corna
Fermana, Monza, Pordenone, Südtirol, Triestina e Ternana: il calendario finora non era stato un alleato dei rossoblù. Nei primi cinque turni i tête-à-tête sono avvenuti con la nobiltà del girone. Test durissimi da superare per una matricola come la compagine veronese. Con i nerazzurri brianzoli si è invece abbassato il coefficiente di difficoltà. Difficoltà minori ma identici rischi: anzi, in quel di Meda è stata una sorta di prova del nove con una formazione dello stesso rango attraverso la quale valutare il reale stato di salute e le potenzialità. Per quel che i novanta minuti hanno espresso, la prova è stata superata. Sia nel punteggio che nelle nelle dinamiche, al di là della tensione inopinata negli ultimi minuti a compendio di una supremazia a tratti netta e un’ideale gestione del match. Domenica si riparte: con il Giana Erminio la possibilità di riconfermare i segnali positivi.
Squadra che perde si cambia
A Meda, ancora una volta Fresco ha ridisegnato il proprio undici. Rotazione per certi versi prevedibile: risultati negativi, elementi fisicamente non al top (Momenté e Danti, in particolare) e impegni ravvicinati hanno spinto mister Gigi a rimescolare le carte. Contro i brianzoli spazio a una difesa robusta con N’ze, al rientro dal primo minuto, a guidare un pacchetto arretrato con tre centrali. Almeno per un’abbondante ora di gioco il 3-4-1-2 di partenza ha fotografato l’approccio di una Virtus decisa a premere con maggiore costanza, con i due esterni sulla mediana operativi più in fase di spinta che copertura. Ordinati a presidio la propria metà campo, i rossoblù hanno stimolato la fase offensiva in crescendo, anche e soprattutto partendo dalle linee esterne – con Lancini, in particolare. Palla a terra, le qualità tecniche e il dinamismo di Grbac e Manarin hanno garantito il cambio di passo. Il primo schierato sulla mediana a far da collante tra i reparti, l’ex-Mantova, da dietro le punte: a loro il compito di alimentare i movimenti della coppia offensiva, per l’occasione formata da Ferrari e Grandolfo.
Liberati dalla paura
Il primo tempo con il Renate ha confermato che serviva ritrovare il successo per alimentare la fiducia. Troppo fastidiose le sconfitte nelle ultime uscite per attendersi un approccio differente a non scoprirsi troppo. Dopo un guizzo iniziale di Grandolfo, il taccuino ha stentato a riempirsi. Primo pensiero: annusare l’avversaria, studiarla e capire se si hanno gambe e testa per passare all’azione. Con il passare dei minuti è parso evidente che i rossoblù avessero qualcosa in più, da dare e da dire. In avvio di ripresa, la conferma: più ordinata e con giocatori in grado di garantire spinta e idee, la truppa di Fresco ha piazzato il colpo del break. Il rigore parato da Cincilla a Grbac, assegnato per fallo di mano, ha solo tardato gli eventi.
Reazione a catena
L’azione del penalty mancato avrebbe potuto destabilizzare i rossoblù. Nella mischia successiva alla mancata trasformazione di Grbac, con la palla rimbalzata sul palo e rientrata in gioco, sulla ribattuta il trequartista croato si è divorato un’occasione paradossalmente più grande del rigore stesso, calciando a lato da due metri. Avrebbe potuto essere letale: invece anziché ripartire col morale a terra, la delusione è stata archiviata grazie ad un’atteggiamento propositivo. Poi la vera svolta, con Ferrari, fino a quel momento poco efficace, capace d’inventarsi una gran giocata. Alimentato con costanza da sinistra, nella circostanza del gol del vantaggio è stato eccellente nel portarsi a spasso il suo uomo e pennellare un cross al bacio nel cuore dell’area. Lì sono uscite fuori le qualità da centravanti di Grandolfo. Zero a uno e palla al centro.
La lezione finale
La rete del vantaggio è stato il detonatore: Virtus straripante, Renate a lungo all’angolo e tenuto in partita solo dal proprio estremo difensore, decisivo per almeno quattro volte nell’evitare il colpo del KO. Il paradosso – e semmai l’unica nota negativa della giornata virtussina – è tutta qui: ariosi sul piano tattico e a loro agio su quello psicologico, Sirignano e compagni hanno avuto l’unico torto di non concretizzare una superiorità evidente. La mancata zampata – leggasi gol della sicurezza – ha rilanciato le speranze di un’avversaria sovrastata dalla disposizione in campo e in termini di freschezza. Una volta che Lancini ha lasciato la contesa per infortunio, l’avversaria, sul filo della disperazione, ha preso coraggio. Con la Virtus che ripiegava – eccessivamente? – all’indietro, sono arrivati i pericoli dalle parti di Sibi, a lungo spettatore non pagante, che avrebbero potuto mortificare la prestazione. La squadra sta imparando a conoscere la serie C: alcuni accorgimenti – cattiveria agonistica, tempra e cinismo – è naturale che arrivino con il tempo. Dopo la beffa con la Ternana, con i tre punti a portata di mano, nel finale Fresco ha pensato a cautelarsi, con una linea mediana piazzata a diga davanti alla difesa. Zero a uno è restato tale al triplice fischio: giusto così. La Virtus sta studiando la categoria: e a Meda ha dimostrato che contro una pari-grado ha molto da dare e dire.
Paolo Sacchi